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“Pop, Rock, Jazz… e non solo” AB Quartet, I bemolli sono blu

AB Quartet
I bemolli sono blu

È dedicato a Debussy, questo colto, rispettoso, eccellente lavoro dell’AB Quartet: jazz combo in cui AB rimanda al leader, il pianista-orchestratore Antonio Bonazzo, e gli altri essenziali componenti dell’insieme sono Francesco Chiapperini a clarino e clarino basso, Cristiano Da Ros al contrabbasso e Fabrizio Carriero a batteria e percussioni.
Il quartetto ha scelto di rivisitare in chiave jazzistica, ma non solo ché ci sono correttamente anche parti scritte eseguite con attenzione, un repertorio dei più moderni e insieme dei più difficili della storia della musica colta.

Grafica Divina

AB Quartet, I bemolli sono blu

Debussy è infatti per solito un ascolto complesso soprattutto in quanto etereo, sfuggente, quasi astratto nella sua essenzialità che a volte è sin troppo parca di emozioni immediate. Non era dunque facile e non solo per la tecnica, affrontare il suo repertorio in chiave contemporanea: pure osandovi ampliamenti, svisamenti, e ovviamente sviluppi all’impronta.
Invece l’AB Quartet riesce nell’impresa in modo mirabile, perché tenendo ferme le partiture di base di Debussy, e restando sapientemente in equilibrio sonoro fra scritto e improvvisato ma pure fra le varie voci strumentali, il gruppo dà all’opera del compositore spessore d’ascolto, a tratti quasi facilità dello stesso, sviluppandone l’afflato d’una modernità insieme inquietante e melodicamente sconcertante, e folgorando l’orecchio con mille colori, mille idee, nessuna sbavatura o presunzione.

I bemolli sono blu

È chiaro che magari per gli adepti della musica colta l’operazione del quartetto è quantomeno stravagante. E però, ciò che conta è che si sia riusciti ad aprire nuove possibilità di divulgazione del corpus di Debussy, senza mutarne le opere. I quattro, infatti, non fanno mera improvvisazione su pagine più o meno note, ma le prendono, le eseguono e -prima, durante, dopo- tale esecuzione le declinano in quello che è il punto di forza del jazz: dare vitalità e adesione emotiva all’oggi alla musica che si suona, aprendone continuamente frontiere inattese.
Così il “Clar de lune” diventa “Moon”, la “Serenade for the doll” diventa “Serenade”, e via via i vari “Snow” o “Movement” sono insieme rimandi-citazioni espliciti quanto corretti e nuova musica nata dal seme di Debussy. Senza mai esagerare, perché l’AB Quartet ha scelto -bravissimi- la misura di pagine ficcanti ma brevi, che non diventano infinite jam session.

Il rischio stava lì, soprattutto: nel suonare per suonare, e in una possibile inadeguatezza del combo. Il suonare per suonare nel CD non c’è, e il combo è più che adeguato sia nel comportamento strumentale -ora da interpreti ora da jazzisti che scrivono sul campo note nuove- sia nella qualità di arrangiamenti di base che indicano in partenza validi spostamenti d’accento o di colore che si vuole dare all’originale indirizzando intelligentemente lo sviluppo anche jazzistico dei brani (e i complimenti per le orchestrazioni vanno soprattutto a Bonazzo ma anche a Da Ros, che ne pensa due molto valide).

Il disco, dunque, è tutto da ascoltare: senza pregiudizi, per riscoprire Debussy e godere di jazz coltissimo quanto riuscito e multicolore.
Forse la sua pagina più bella è “Serenade”, che risente anche dell’eco novecentesca del rapporto fra Russia e jazz, adattando una certa sensibilità stravinskyana, graffiata, terrigna, addirittura lacerante nel finale, alla melanconia sognante di Debussy, e realizzando così un incontro di mondi davvero suggestivo, anche perché suonato su strumenti che recano in sé le eredità di John Coltrane o McCoy Tyner.
Molto valido anche il passaggio di gusto, in sospensione colta che rimanda ora alla classica ora alla chanson, di “Disharmonies”, come il rimpallo swing-Satie-sperimentazione che da Debussy si dipana in “The Five Notes”.
Segnaliamo infine l’essenziale, splendida “Snow”, che mutando tinte apre nuove, inquiete possibilità di godimento musicale dell’originale, il groove intelligente con sviluppi stimolanti nei fiati di “Immagini dimenticate”, l’alternarsi fra un quasi ballabile e sfumature ombrose di “Movement”.
Davvero, “I bemolli sono blu” (frase di Debussy, che l’AB Quartet tra l’altro col CD “traduce” in stimolo sonoro sinestesico) è una colta operazione coraggiosa e molto ben riuscita.

Andrea Pedrinelli

Da ascoltare/guardare: “Serenade”

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Critico musicale e teatrale, è giornalista dal 1991 e attualmente collabora con Avvenire, Musica Jazz, Scarp de’ tenis, Vinile. Crea format tv e d’incontro-spettacolo, conduce serate culturali, a livello editoriale ha scritto importanti saggi fra cui quelli su Enzo Jannacci, Giorgio Gaber (di cui è il massimo studioso esistente), Claudio Baglioni, Ron, Renato Zero, Vasco Rossi, Susanna Parigi. Ha collaborato con i Pooh, Ezio Bosso, Roberto Cacciapaglia e di recente ha edito anche Canzoni da leggere, da una sua rubrica di prima pagina su Avvenire dedicata alla storia della canzone.

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