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“Strane Storie”: la nostra intervista e recensione

Otto storie inquietanti, otto mondi dove il terrore invade ogni pagina. Libri antichi, boschi segreti, maledizioni di famiglia, strani esperimenti governativi, nefaste creature angeliche, vecchie megere, incubi d’infanzia e strani orologi che violano le leggi della fisica.
Se la festa di Halloween appena passata non vi ha abbastanza terrorizzato lo farà questo libro antologico in cui sprofonderete in mondi distorti e orrende creature condotti per mano dai due autori Alessandro Barucca e Tommaso Armaros che firmano a quattro mani la raccolta di racconti “Strane Storie” https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/606983/strane-storie-4/

Parliamone assieme a loro

Come nasce il progetto Strane Storie?

Grafica Divina

Era inverno, c’era il coprifuoco per il Covid e da qualche mese parlavamo di scrittura e lettura, abbiamo quindi deciso di iniziare a scrivere qualcosa, ma non sapevamo cosa. L’idea iniziale era un racconto lungo o il soggetto di una serie, eravamo in pieno brainstorming e data la mole di idee dovevamo decidere di fare una cosa per volta, quindi abbiamo optato per una raccolta di racconti horror.

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Strane Storie

Il titolo “Strane Storie” chi lo ha scelto?

Volevamo fare un tributo a Stranger Things, anche perché la serie rimanda molto all’universo Lovecraftiano o comunque ad autori di questo genere. Quasi ”telepaticamente” abbiamo pensato al titolo della serie, l’abbiamo tradotto, ma non ci piaceva. Abbiamo quindi provato a sostituire ‘cose’ con ‘storie’ e ci ha subito colpito, le parole suonavano bene. Abbiamo poi deciso di creare subito la grafica per vedere anche visivamente se poteva funzionare, e funzionava.

Le storie sono tutte scritte a 4 mani?

Sì, le storie sono tutte scritte a quattro mani, ad eccezione di due racconti extra che ognuno ha scritto per proprio conto.

Il lettore cosa si deve aspettare da questa antologia?

In primis il brivido accompagnato da molta suspense e un confronto diretto con la tematica della morte che si mescola a sua volta con un mondo odierno sempre più complesso; l’incontro con i propri demoni interiori, realtà distorte e disturbanti. Un mix che tocca diversi aspetti di questo genere.

C’è una storia prediletta o una a cui siete maggiormente affezionati?

Assolutamente sì. Il racconto di chiusura dell’opera ha per noi un significato molto importante e profondo, anche a livello metaforico potrebbe essere inteso come una chiusura di tutte le trame raccolte nel libro, una grande evasione da… Non possiamo spoilerare.

E un personaggio?

Sì, anche qui il personaggio fa parte dell’ultimo racconto del libro. Soprattutto perché siamo voluti andare oltre l’aspetto horror e arrivare a qualcosa che vada addirittura oltre la morte stessa.

Quali sono i luoghi che fanno da sfondo alle storie?

Sono luoghi comuni che fanno solo da contorno alle varie trame. Rappresentano lo spazio adatto per poter far accadere ciò che deve accadere. Da biblioteche a piccoli paesi, città inventate, laboratori sperimentali e tanto altro.

In un mondo pieno di orrore reale perché quello letterario ci affascina ancora?

Crediamo che l’orrore inventato sia affascinante per un semplice motivo: da esso ci si può salvare semplicemente chiudendo il libro. Il mondo moderno con i suoi contorti meccanismi a volte non ti lascia via di fuga. La lettura, la scrittura hanno il potere immaginifico di farci provare esperienze, di sondare quegli aspetti della vita che cerchiamo di non guardare. L’horror ci mette davanti quello che cerchiamo di ignorare ogni giorno. Tutti, dai tempi di scuola, siamo sempre stati affascinanti più dall’Inferno di Dante che dal Paradiso, proprio perché il nascosto fa scattare la curiosità, e la curiosità è amica dell’intelligenza. Bisogna solo avere il coraggio di decidere di immergersi nelle oscurità interiori e conoscersi più a fondo. Come diceva Baudelaire “Il gusto per il macabro inebria solo i forti”.

Articolo di: Luca Ramacciotti

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