Fratelli Mancuso
“Manzamà”
(Squilibri)
La recensione di Andrea Pedrinelli
Compositori e polistrumentisti notissimi nel mondo, da Londra alla Francia, dalla Germania alla Spagna, i fratelli Enzo e Lorenzo Mancuso sono dei punti fermi della grande musica popolare contemporanea.
Giusto per intenderci, questi grandi artisti siciliani hanno lavorato con l’etnomusicologo iberico Joaquin Diaz e con la regista Emma Dante, al film “Il talento di Mister Ripley” e a dischi storici quali “Nesci Maria”, “Cantu”, “Trazzeri” edito all’estero e “Italian Odissey” pubblicato nientemeno che dall’etichetta Putumayo World Music Records.
Ora i fratelli Mancuso tornano alla ribalta -dopo un decennio di silenzio discografico- con un nuovo capolavoro ovviamente in siciliano, “Manzamà” (che significa “Non sia mai”), arrangiato loro anche da Franco Battiato e con collaborazioni di peso che vanno da Ferruccio Spinetti a Giovannni Sollima, per tacer d’un libretto -come sempre bello e ricco, nel caso dell’ottima etichetta Squilibri- con dipinti di Beppe Stasi.
Fratelli Mancuso “Manzamà”
“Manzamà” è racconto musical-testuale di vita vera fotografata su più fronti, terrigno ma estremamente poetico, in cui l’originalissima scrittura dei Mancuso permette di dare sguardi inediti, quanto acuti, al mondo reale. Con una precisa, evidente, a tratti squassante vigoria poetica delle liriche in siciliano, che s’appoggia molto bene ad arrangiamenti screziati ricchi di spunti sonori e sfondi sovrapposti; e viene rilanciata da voci misurate ma sempre intense, oltre che nitide.
Enzo Mancuso (voce, chitarra, flauto, viola) e Lorenzo Mancuso (voce, harmonium) tengono soprattutto, in “Manzamà”, un equilibrio alto e costante fra il rievocare ieri e il guardare a domani, fra patria sicula e orizzonte mediterraneo, e musicalmente parlando sanno ben destreggiarsi tra folk e autorialità, eco tradizionali e world music universale.
14 tracce
Il brano che nella scaletta di “Manzamà” (14 tracce) forse colpisce di più è “Occhi di vitru”: un capolavoro sugli ultimi e l’emigrazione tratteggiato però da prospettive poetiche inedite, e dilatato dall’incisività d’un canto insieme fieramente popolare e aperto alle contaminazioni del bacino mediterraneo.
“Manzamà”, la title-track, è una bellissima canzone d’amore delicato e maturo, che dentro una forma di ballad essenziale quanto toccante riesce a sottolineare anche il valore etico-poetico del cantare tout-court, quale modalità espressiva irrinunciabile dell’animo umano.
Poi nel CD si susseguono la straziante e profonda “Lacrima”, tra la favola e la filosofia, la quotidianità dolorosa evocata in modo maiuscolo da “Ti canùsciu firita” i cui crescendo emozionano non poco, la forza satirica della tradizionale “La scinnuta” (riflessione sulla morte che richiama certe pagine dei poeti latini), l’arguta e moderna “Tu vidé ti nni va” a metà fra il biblico Vanitas vanitatum e ancora una volta i classici latini, e i sogni e le utopie, nonché l’infinita ricerca di un altrove, della spettacolare “Cori miu”, testo splendido e melodia struggente.
Ma “Manzamà” allinea anche ninne nanne dell’anima che sa e capisce il senso del destino (“Lassami dòrmiri”) come pagine di classe autorale (“Un velu d’aria”), altre fascinosamente astratte (“Rosa di carta”) e altre ancora di fragranza popolana (“’Nti la nacuzza ci trasi lu suli”): per un viaggio davvero spettacolare e composito in un mondo fra antico e moderno che sa però parlare all’uomo di oggi; bussando, primariamente, alle porte dell’emozione.
Ché non serve capire il siciliano, per commuoversi e comprendere il senso ultimo, a tratti terapeutico, di “Manzamà”.
Articolo di: Andrea Pedrinelli
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