Da poco in libreria Per Nessun motivo il nuovo avvincente romanzo di Marco Vichi uscito per Guanda.
Nei tuoi romanzi il passato ha sempre un ruolo importante e questo non fa eccezione…
È vero, non so come mai, ma il passato e la memoria hanno su di me un grande effetto emotivo. Da lettore, mi piace e mi affascina il passato lontano che per un puto caso si risveglia e riesce a scombussolare il presente. Il nostro passato è ciò che “sappiamo”, cioè qualcosa di molto personale, parziale, arbitrario (lo stesso avvenimento ha per persone diverse significati immensamente differenti), e quando ci arriva addosso la nuova versione di un passato che credevamo ormai archiviato, dobbiamo ridipingere il nostro quadro affettivo. E se questo aspetto mi affascina da lettore, da scrittore mi coinvolge ancora di più. Insomma il passato cambia insieme a noi, e ci fa cambiare. Non può non essere interessante per un narratore.
Dalle colline toscane a Parigi il passo è breve?
Per me devo dire di sì. Ho vissuto quasi dieci anni spostandomi ogni qualche mese da Parigi al Chianti e viceversa, e devo dire che questi due opposti (la metropoli e la campagna) si compensano in modo esemplare.
Antonio Bastogi è un uomo tormentato, come nasce?
Se la domanda si riferisca al romanzo, a come è nato, la risposta è un commovente… Boh! Avevo in mente da mesi l’inizio della storia, che si infilava in ogni mio pensiero. Alla fine, per liberarmene, ho dovuto scriverla. E strada facendo ho scoperto come andava a finire. Scrivere è bello soprattutto per le scoperte che si fanno.
Una citazione di Curzio Malaparte all’inizio della storia accende la riflessione su se sia più difficile il mestiere dei vinti o dei vincitori… che idea te ne sei fatto?
Non so, quella citazione mi piace perché invita appunto a pensare alla questione dei vinti e de vincitori. Malaparte la scrive in uno dei suoi capolavori, La pelle, in cui affronta anche l’anima dei “vinti” napoletani e quella dei “vincitori” americani. Adoro Malaparte, anche quando scrive qualcosa che va contro il mio modo di pensare. Lo adoro per come lo scrive, per la “musica” della sua lingua, per il suo sguardo sul mondo. La letteratura, soprattutto quando arriva a quei livelli, è al di sopra anche dell’autore. Tutto questo per dire che quando posso, prendo a prestito una bella frase del mio amico Curzio (morto nell’anno in cui sono nato) per usarla come epigrafe.
Intervista di: Elena Torre
Marco Vichi è nato a Firenze nel 1957 e vive nel Chianti. Presso Guanda ha pubblicato i romanzi: L’inquilino, Donne donne, Il brigante, Un tipo tranquillo, La vendetta, Il contratto, La sfida, Il console. Le raccolte di racconti Perché dollari?, Buio d’amore, Racconti neri, Il bosco delle streghe, Se mai un giorno. La serie dedicata al commissario Bordelli: Il commissario Bordelli, Una brutta faccenda, Il nuovo venuto, Morte a Firenze (Premio Giorgio Scerbanenco, La Stampa 2009 per il miglior romanzo noir italiano), La forza del destino, Fantasmi del passato, Nel più bel sogno; i graphic novel Morto due volte con Werther Dell’Edera, e Il commissario Bordelli con Giancarlo Caligaris. La favola Il coraggio del cinghialino, illustrato da Caligaris. Ha inoltre curato le antologie Città in nero, Delitti in provincia, È tutta una follia, Un inverno color noir e Scritto nella memoria. Il suo sito internet è www.marcovichi.it