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Sofia Tornambene ci racconta la sua Tempesta

Da poco uscito Tempesta di Sofia Tornambene, un brano nato in un momento particolare che ha segnato l’autrice… ne parliamo con lei…

“Tempesta” invita gli ascoltatori ad abbracciare la propria vulnerabilità e cercare il sostegno delle persone care. Puoi spiegare perché hai scelto di affrontare questo tema e quale significato personale ha per te?

Grafica Divina

Tempesta non nasce con l’intento di creare un brano musicale, ma veramente dal mio descrivere un momento di “buio” che stavo vivendo. Uscendo dal mio buio, sentendo la fragilità sempre dietro l’angolo , ho visto che dalla pandemia tra le tante cose abbiamo ereditato un’ altra pandemia silenziosa quella degli attacchi di panico della depressione dettati dall’interruzione tra il passato e il futuro. Mi sono resa conto che non era solo un mio problema ma che solo in Italia ogni anno 10 milioni di persone sperimentano almeno un attacco di panico.  C’è un aumento del 25% degli attacchi di panico persino a scuola e questo ha acceso l’idea di trasformare il mio sentito in un brano pensando proprio che è importante per chi  è in quella tempesta rendersi conto che non si è soli che non siamo gli unici a vivere un momento così terrificante. Chi  si trova in quel momento teme di essere solo, di stare perdendo se stesso ed il proprio futuro e che anche se tutto sembra lontano le persone che vi amano sono li accanto e possono con la loro comprensione con il loro abbraccio aiutarvi a superare  quel buio ma dovete avere il coraggio di dirlo di comunicarlo di fare comprendere che quei momenti “strani” lo sono “strani” innanzitutto per voi e che volete anche se non sembra uscirne e volete anche se non sembra che vi abbraccino.

Sofia Tornambene, hai menzionato la scrittura come mezzo terapeutico per esorcizzare le tue paure. Come affronti il processo di scrittura dei tuoi brani e quali temi preferisci esplorare attraverso le tue parole?

In realtà il processo di scrittura è molto libero non sempre deriva da un tema come nel caso di tempesta che nasce da un vissuto personale ma nasce in  genere da uno stimolo condiviso spesso con il mio co-autore Maestro. La musica guida tutto il processo intrecciandosi con le parole e rivela sentimenti ed emozioni talvolta comuni talvolta più complessi che alla fine si abbracciano creando appunto un brano.

Il brano “Tempesta” è nato durante un periodo di trasformazione e crescita per te, dopo il tuo trasferimento a Milano. Puoi condividere con noi come hai utilizzato la musica per esorcizzare le tue paure e come questa esperienza si riflette nel brano?

Partirei dal fatto che il mio trasferimento a Milano nasce  da un momento importantissimo della mia vita ovvero la vincita di Xfactor 13. E’ stata un dono, una botta di adrenalina, un sogno che diveniva realtà in un momento della mia vita in cui così giovane come tutti quelli della mia età sentivo sarebbe stato finalmente il momento di portare la mia musica a tutti. Ma proprio questa gioia, questa spinta del sogno che mi portava poi subito ad una cosa meravigliosa come quella per  tutti i giovani di quell’età, avevo 17 anni, era quello di andare via da casa, raggiungere una grande città come Milano conoscere tanta gente, scambiare, crescere. Proprio  la caduta dall’alto del sogno con la Pandemia, l’isolamento in una città nuova,  la paura del nuovo dell’inconoscibile piano piano trasformata in un futuro che per tutti i giovani del pianeta è diventato un “vuoto” un punto interrogativo una “paura” che interrompe  la crescita portando ad alti e bassi di paure e incertezze e nella pratica bloccando anche quel fiore che era sbocciato con Xfactor. La mia fortuna è stata quella di incontrare in quel periodo altri che come me si sentivano in quel vuoto e anche loro musicisti in particolar modo Maestro,  vivevano quel vuoto di domani quella paura in un presente fatto di suoni di condivisione senza parole perchè le parole avrebbero rappresentato un ragionamento impossibile date le incertezze. Cosi la difficoltà si è lentamente trasformata in musica, ma anche la speranza e questa è la cura.

Vorrei conoscere il significato dietro il tuo nome d’arte “Kimono”. Da dove viene questa scelta e qual è il legame con la tua passione per il karate?

Ho scelto questo nome all’inizio per la mia passione per le arti marziali che mi hanno, nelle fasi della mia crescita da bambina ad adolescente, aiutato a superare la mia timidezza a gestire meglio i cambiamenti del mio corpo e sopratutto i grandi valori orientali di rispetto degli altri anche nel confrontarsi in una lotta. Ma ora ancora di più apprezzo il significato d’origine del  kimono, la parola significa  “cosa da indossare”; infatti in passato questa parola veniva usata per indicare un qualsiasi abito che si indossava, senza specifiche distinzioni e questo è il mio intento, non avere un pubblico “definito”, ma senza distinzioni e che la mia musica  possa essere qualcosa in cui tutti possono riconoscersi  e  trovare un filo di emozione che li unisce agli altri, al di la del genere musicale, dell’età e della provenienza di ciascuno. 

Cosa vorresti trasmettere al pubblico attraverso la tua musica? Quali emozioni o messaggi desideri che le persone ricevano quando ascoltano le tue canzoni?

Vorrei che potessero “indossare” Kimono per sentirsi  se stessi,  riconoscersi nelle emozioni che la musica gli fa emergere ma non diversi dagli altri anzi, nell’emozione riconoscere che poi non siamo così diversi e unirci, rafforzarci  anziché separarci.

Infine Sofia Tornambene, c’è qualche artista o musicista che ti ha ispirato particolarmente nel corso della tua carriera? Quali sono le tue influenze musicali e in che modo contribuiscono alla tua creatività?

In realtà io sono sempre stata una divoratrice di musica, tutti i generi tutti gli artisti, ognuno di loro ha realizzato un pezzettino del mio mosaico cangiante. Cangiante perchè mi piace sviluppare di tutto ciò che ho ascoltato differenti possibilità di esprimermi e trovare il link giusto con chi mi ascolta.

Da conoscere Sofia Tornambene!

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