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Francesca Serra ci presenta il suo “Erbario Emozionale”


Francesca Serra ha da poco pubblicato per Scritto.io “Erbario Emozionale”, un viaggio nel mondo naturale e nei suoi segreti, ma anche un percorso a ritroso che parte dai suoi ricordi, dalle sue esperienze che fusi ai suoi studi danno vita ad un libro prezioso pieno di spunti e “luoghi” da cui ripartire.

Le emozioni hanno un ruolo chiave nella nostra vita, tutti le proviamo eppure non conosciamo o abbiamo dimenticato la loro lingua… Come riappropriarcene?

Grafica Divina

Un importante imprenditore italiano inizia la sua giornata con la lettura della regola di San Benedetto. Le prime parole del testo sono: “Obsculta, o fili…”  ovvero “Ascolta, figlio mio…”. Ecco, se tutti noi ponessimo l’ascolto al centro delle nostre vite, forse si eviterebbero catastrofi personali e collettive. L’ascolto profondo è una pratica ecologica rivolta al nostro stato emozionale.

Le emozioni sono dei sensori eccezionali. Sanno indicare il nostro stato di benessere o disagio determinato dall’ambiente esterno. In questo guazzabuglio chimico e psichico che determina la nostra esistenza, essere tutt’uno con la natura e gli altri esseri viventi ci pone in uno stato di continua fluidità con gli ecosistemi naturali.

L’educazione normativa e performante non facilita l’ascolto interiore che nei bambini è innato. La pedagogia di Maria Montessori è tutta concentrata in questa relazione tra interiorità e ambiente dove le emozioni garantiscono l’atto creativo preposto alla gioia. “Guarda che cosa ho fatto, che cosa ho creato” e questa è l’emozione più grande. Come lo stampo di un bacio o di un abbraccio.

E, proprio su questa spinta emotiva, la nostra casa editrice ha preso il nome di Scritto.io: la sua contrazione onomatopeica imita l’entusiasmo infantile delle prime parole trascritte su carta. 

Francesca Serra cosa dobbiamo imparare e cosa disimparare?

Dobbiamo imparare quanto sia veritiero il nostro sentire, perché dietro la disobbedienza spesso celiamo la protezione dell’anima fanciulla e docile. I nostri recettori sensoriali sono antichi e saggi e continuano a garantire la nostra sopravvivenza non solo fisica ma spirituale.

Santa Ildegarda ha avuto un ruolo importante nella sua vita: in che modo le vostre strade si sono incrociate?

Ho incontrato Santa Ildegarda di Bingen, monaca benedettina compositrice di musica e raffinati testi di teologia, che nel dodicesimo secolo inaugura un sistema olistico ante litteram, durante le mie ricerche inerenti alle pratiche di cura nell’ambito della storia della medicina di genere.

Nei miei trascorsi universitari di antropologia e storia delle religioni mi sono sempre chiesta come il corpo agisse nel rito, nella preghiera o nella pratica di cura. Quali forze, legate alla natura, fossero nascoste in quegli atti di cura e di guarigione. La raccolta delle formule segrete, i rimedi etno-botanici, le acque curative, una ricchezza purtroppo circoscritta nei canoni epistemologici universitari, al mondo subalterno delle superstizioni e delle culture ancestrali.

E invece no, arriva Ildegarda e sembra parlarti al presente, nel presente. Con lei in tempo s’inabissa e ti affianchi alla sua medicina, alla sua cura, al suo concetto di viriditas, quella forza primigenia che dobbiamo far agire e dialogare con la psiche in maniera costante.

Quello che ho raccolto nelle mie ricerche, nelle esperienze delle pratiche di ascolto e nelle mie vicende personali è confluito nel mio nuovo libro L’Erbario emozionale, in cui cerco di unificare attraverso la visione e la pratica olistica di Ildegarda i diversi rimedi che possono farsi medicina ecologica.

Alberi, piante, fiori, cristalli, pietre, volatili, pesci e mammiferi, sono creature-medicina. Dai loro umori, dalle loro vibrazioni, succhi e misteri, possiamo estrarre sottigliezze di cura.

Ma anche le parole sono medicina! Cito in proposito il bellissimo libro dell’oncologa Maria Giovanna Luini, Parla come ami edito da Mondadori.

“Erbario Emozionale” come si pone nel tuo percorso?

Come io mi sono curata scrivendo, nel momento più duro di accompagnamento alla lunga infermità di mio padre, così spero di curare l’anima di chi mi leggerà in una sorta di riverbero empatico e profondo. Questo lo stampo segreto del mio libro.

Dimentichiamo di essere in natura perché siamo immersi nel fare, nella competizione, nell’ostinata sfida nei confronti dell’imprevedibile. Siamo nel controllo e nel rigore. Difficile tornare indietro, ma è possibile seguire vie più addomesticabili: vivere in piccole città o borghi, tornando a mestieri artigianali che includano anche la tecnologia come possibile risorsa economica foriera di sostenibilità e inclusione.

Le antiche medicine, così come i popoli ancestrali hanno ancora molto da insegnarci lungo il cammino di un nuovo Umanesimo prossimo venturo. Del resto il prosieguo dell’incipit della regola di Benedetto invita ad aprire docilmente il proprio cuore.

Così Ildegarda ha visto il nostro futuro.

Intervista di: Elena Torre

Foto di: Sabrina Genovesi

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