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“Il grande inganno”: la nostra recensione

In libreria Il grande Inganno di Umberto Cinquini, recensione di Luca Ramacciotti.
Ci si inganna o veniamo ingannati? Quanto siamo consapevoli di essere ingannati? Quanto lo accettiamo? È una soluzione di comodità? E non è forse la politica l’inganno più colossale in cui rifugiarsi?
Ovviamente per molte persone può essere più facile lasciarsi ingannare dai propri sogni che affrontare la verità o lasciarsi trascinare per non prendere le proprie decisioni.

“Il grande inganno” di Umberto Cinquini: la nostra recensione

E se l’inganno non riguarda solo la nostra vita, ma anche il luogo in cui viviamo? In questa terza fatica letteraria Umberto Cinquini ci trasporta in un romanzo che ha la visionarietà e il ritmo classico della letteratura latinoamericana con delle immagini piuttosto vivide che ben rimarranno impresse in noi.Protagonista è il coro nel senso letterale del termine perché se è vero che la storia vede come attore principale Jordi Gonzales è pur vero che gli fanno strettamente da corollario una serie di figure femminili che sicuramente non possono rivestire solamente il ruolo di comparsa.Sono tutte donne che non solo sospingono l’esistenza di Jordi, ma addirittura la modellano a partire dalla madre Serafina, classica bellezza latinoamericana, e dotata della stessa seduzione, sensualità, disinibizione e pizzico di follia di quelle popolazioni.Nonna Vittoria che, con il suo simpatico gruppo di anziani abitanti di Villa Tamara, navigano a vista sul mare della saggezza dovuta alla vita vissuta, ma anche l’anonima e sfumata Aurelia che, con la sua piattezza, riesce ugualmente a smuovere l’ignavo Jordi o la bella e misteriosa Helena o Micaela che lo porterà fino in fondo all’abisso.Superando le convenzioni per ciò che è bello solo in superficie Jordi riuscirà finalmente a dare un senso e una direzione alla vita anche grazie alle uniche due figure maschili.

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il grande inganno di umberto cinquini

Solo due tra tanti personaggi di sesso femminile (e parlo di sesso in tutti i sensi), ma fondamentali. Uno il “padre” altruista e buono che tutti, e non solo l’abbandonato Jordi, vorrebbero avere e un “nonno” filoso e saggio che sa leggere negli occhi e nell’animo dandoti la direzione giusta cu cui incamminarsi perché la famiglia non sempre è quella creata coi vincoli di sangue. Su tutto si staglia la bianca Rosignano Solvay e il biscione del rampante Berlusconi con l’azione che inizia nel  1999 e termina nel 2012. Se Berlusconi segnò un lungo periodo di politica italiana condita da promesse elettorali e sederi in televisione è anche vero che molti sognavano la promessa di avere successo senza impegno al motto che tutto era lecito e possibile e, proprio questo sentimento, è la base sociale che dominerà la vicenda fino al tragico finale per poi riemergere dall’acqua stagnante che stava soffocando, passare attraverso a un fuoco iniziatico e salvifico per cominciare finalmente a vivere pienamente in un luogo reale, storico e non apparentemente fittizio o che possa scimmiottare paesi lontani.

Una scrittura vivida, “urgente e spiccia” che da tocchi di pennellate notevoli facendoti riflettere molto sui rapporti con le persone e il senso, ammesso che lo abbia, della vita. Karma, destino o siamo noi gli artefici? Se il fato può intervenire su un mancato lancio di uova il resto dobbiamo riconoscerlo, e Jordi lo comprenderà pienamente, è nelle nostre scelte.

Articolo di: Luca Ramacciotti

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