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Intervista a Alex Munzone, artista eclettico e controcorrente

Intervista a Alex Munzone

Alex Munzone artista eclettico e controcorrente

Parlaci di te e di come nasce la tua musica. Dagli esordi alla tua attuale produzione.

La mia passione per le trame musicali nasce paradossalmente dal tratto del disegno. Da prepubere amavo disegnare i volti dei compositori, soprattutto del 1800 e non ho mai capito perché. Avevo una predilezione per le fattezze di Chopin, un suo ritratto eseguito da Eugene Delacroix mi ha sempre affascinato, e anche di questo non ho mai capito perché.
A 9 anni iniziai a studiare batteria grazie a mio fratello e dopo frequentai un corso di composizione a Catania, la mia città natale. Credo che la folgorazione per la via di Damasco la ebbi quando iniziai a comprendere la musica di uno dei più grandi compositori al mondo, il catanese Vincenzo Bellini. Visitai la sua abitazione ed iniziò il mio viaggio fantastico tra i profumi e le note della sua Catania e delle città che visitò. Ma la svolta nella comprensione di quali energie, potenzialità potesse celare la composizione del Diciannovesimo Secolo la ebbi quando, nel 1993, ascoltai per la prima volta il “Tannhauser” di Richard Wagner.

Grafica Divina

La scoperta di Richard Wagner

Per me Wagner rappresenta l’apice della musica mondiale. È il vero scopritore del “silenzio” in musica, circa cent’anni prima di John Cage. Nel 1997 formai la prima band i “Diane and the Shell” grazie alla quale ebbi le mie prime esperienze di registrazione e di live. Grazie al nostro secondo album “30.000 Feet Tarantella” (2006) e all’etichetta texana che ci supportò, riuscimmo ad avere la possibilità di un tour di un mese negli Stati Uniti. Fu verso il 2016 che si palesò la necessità di affrontare altre prove, altre possibilità compositive, attingere d’altre esperienze e far emergere definitivamente la mia passione per la composizione e l’opera lirica, soprattutto quella ottocentesca. Iniziò il mio studio spasmodico verso la biografia e il lavoro dei più grandi compositori del periodo, riallacciandomi alle influenze cinquecentesche di Giovanni da Palestrina e successivamente all’opera melodica di Claudio Monteverdi. Nel mio primo album da solista dal titolo “Ku Klux Kadeau in Opera” (2017) provai a far convergere la grammatica esistenzialista con le note dei grandi compositori. La mia aspirazione al tardo cinquecento credo d’averla concretizzata con l’album “Giordano Bruno” (2018) uscito successivamente per l’etichetta “Secret Musix” di Milano. Con “David Bohm – L’universo è mente” (2020) ho provato a stabilire una possibile interconnessione tra gli studi scientifici sul fenomeno quantistico, le frequenze audiometriche e, traendo spunto dagli studi del fisico statunitense, il concetto di realtà olografica. In fine Il fatto che tutti i miei progetti discografici siano suddivisi in “Atti” non è un caso, ma la profonda e chiara volontà di un richiamo alla struttura operistica teatrale.

Intervista a Alex Munzone

Giordano Bruno, David Bohm e infine Grigorij Efimovič Rasputin: perché hai scelto di raccontare questi personaggi e cosa li accomuna?

Semplicemente perché sono dei personaggi storici al di fuori, per diverse ragioni, del loro contesto storico. Non sono di certo gli unici, ma per un motivo ben preciso sono stati i più “violenti” nel ridefinire le regole scritte in quella determinata bolla storica. Faccio alcuni esempi partendo da Giordano Bruno. Siamo nella seconda metà del cinquecento dove la meta-struttura Cattolica si ramificava fino ai bordi della ragione. Il Dio trascendentale pervadeva la simbologia della vita “unica”. All’improvviso un lampo dal cielo, un uomo ci dice che nell’essenziale Dio sei tu (riportandoci ad alcuni passi della narrazione evangelica primitiva) e che la tua vita non è l’unica che assaporerai, ma solo un granello della vasta esperienza delle vite. Non scendo nel merito della veridicità delle affermazioni di Bruno, a me serviva un soggetto determinato a sradicare il senso comune, le leggi dogmatiche, il “normale” decorso degli eventi con il coraggio di giocarsi la vita. Nel caso di David Bohm siamo ovviamente in un altro momento della storia e del linguaggio acquisito, però è avvenuto qualcosa di molto simile. Quando il fisico statunitense descriveva, attraverso il passaggio dalle formule matematiche alle influenze filosofiche di Krishnamurti trasversalmente agli studi di Schrodinger, che la realtà dell’umano è connessa con il tutto degli universi quindi “Entanglement”, e che ogni forma di realtà è un pensiero, i suoi colleghi, soprattutto all’inizio, lo definirono uno “Stregone”, ma lui continuò imperterrito fino alla morte. Nel caso di Rasputin la sua “contestazione” avviene nei parametri dell’irreale, del trascendente rispetto alla pragmatica condizione storica in cui riversava la Russia dell’ultimo Zar Nicola II. L’apporto fantasmagorico, l’irruenza fideistica del mistico russo alle rigide convenzioni del Palazzo D’Inverno sono state una delle dinamiche più inusuali della “recente” storia politica internazionale.

Considerando i personaggi da te trattati e la tua musica, immaginiamo che tu ti ponga molte domande. Quali sono le domande che ti poni più frequentemente, e quali risposte cerchi di dare attraverso il tuo pensiero e la musica?

In realtà non mi pongo domande, o meglio non prima d’affrontare un progetto. All’inizio il mio approccio con il soggetto dev’essere di tipo attrattivo, per me non conta assolutamente il colpo di fulmine verso un tema da trattare, io ho necessità che il soggetto, le storie per essere selezionate debbano “eccitarmi” attraverso una lenta conoscenza, provocarmi una sorta d’incessante orgasmo intellettivo, ed il primo approccio può avvenire in modo del tutto casuale. Dopo pochi giorni inizio a comporre entrando nel tunnel della dipendenza musicale. Ed è a questo punto che iniziano le domande, ma nello specifico le risposte si riassumono in una decisione, volontà categorica: “devo superarmi”. Non credo nella competizione se non nella lotta incessante contro se stessi.

La tua musica vuole essere un atto di accusa contro “il sistema”?

No! è il sistema che vuol essere un atto d’accusa contro la musica in generale.

Dicci un complimento ricevuto in campo professionale che ti ha fatto più piacere e una critica che invece ti ha dato fastidio…

Complimento: “Sei rivoluzionario”. Critica: “Sei rivoluzionario”.

Come dicevamo: Giordano Bruno, David Bohm e Grigorij Efimovič Rasputin… Quale sarà il prossimo personaggio da raccontare?

Potrebbe non esserci alcun personaggio da raccontare, magari il prossimo soggetto sarà il suono delle foglie cadute in una notte d’autunno o lo scrosciare dell’acqua dello scarico del water. Attendo qualcosa, qualcuno che mi porti, come descritto, ad un nuovo “orgasmo” intellettivo, ad un evento sintomatico che coinvolga ogni parte della mia mente e del mio corpo.

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Ecco il link all’album!

Intervista a Alex Munzone 😉

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