Angelina Mango
Monolocale
(EP solo digitale – Disincanto / Believe)
Non sorprende che Angelina Mango a soli diciannove anni debutti con un disco di cotanta personalità, di estrema originalità (e sensibilità) di scrittura testuale, in toto oltre i generi e le mode della musica. Non sorprende perché lo dicevano già i latini, che talis pater… E Angelina, l’avrete capito, è degnissima, talentuosissima erede dell’immenso e compianto Pino Mango; nonché della brava Laura Valente, sublime voce nei Matia Bazar e non solo. Però certo, è rarissimo un debutto di tal fatta.
“Monolocale”, con cui Angelina s’affaccia alle scene dando il via a quella che si augura sia “una lunga e seria gavetta, un percorso completo” (tanto che ha rifiutato d’iscriversi ai talent show), è un viaggio di otto brani dentro un mondo interiore e artistico certo giovane, ma già formato: e soprattutto ampio quanto ricco di sfumature.
Nei pezzi Angelina canta soprattutto la sua giovinezza, con qualche ovvia ingenuità ma non molta, anzi. Il ritratto che emerge da piglio sonoro e liriche è quello d’una ragazza fiera e profonda, sensibile e all’occorrenza ispida, senz’altro molto matura nel suo esprimere di volta in volta slanci, fragilità, rabbie. Ci sono fantasia e creatività, nel suo raccontarsi, che lei dispone in solido equilibrio musicale tra sonorità futuribili o pienamente contemporanee (dall’urban all’hip-hop) e uno sguardo attento alla tradizione, specialmente a melodie di peso e spesso pure d’un impatto da brividi.
Compositivamente Angelina colpisce per una consapevolezza della musica a più livelli e su più tavolozze stilistiche; nonché per come gioca, oltre i vari stili: alternando eco r’n’b e rap, tradizione mediterranea e cantautorato, ed alla fine dunque anche tenerezza e ferocia, introspezione e sfogo. Ma anche in testi davvero notevoli, se si pensa alla sua età, per intelligenza, strutture anomale e incisività espressiva originalissima, Angelina riesce a lasciare già in questo suo debutto una firma personale. Specie sublimando certi struggimenti inevitabilmente legati alla sua età, per portarli con arguzia e gusto a toccare (oppure ad aggredire!) chi ascolta.
Forse il brano più interessante, e bello, dell’intero EP è “Sono aggrappata a te”: una pagina cantautorale di delicatezza però terrigna, che si sviluppa in modo non banale e qua e là “strappa” verso il rap l’uso d’una voce davvero superba, educata e poliedrica. Per cantare l’amore dei giovani d’oggi, un amore fisico, sofferto, anche un po’ maudit.
Ma è molto bella anche “San Siro”, dolorosa e scura, in cui Angelina va a sottrazione con bella intensità d’interprete, dando così giusto spazio anche ad arrangiamenti intriganti ed a sottesi sviluppi melodici di gran classe.
“Non sento più niente” è invece un intersecarsi continuo di loop e pianoforte, con una voce che dapprima ferita poi s’apre sino a una sensualità verace, e un altro testo davvero originale.
Mentre “Iron Man” è episodio d’autobiografismo fiero quanto indifeso e a tratti sognante: un altro passaggio se vogliamo cantautorale, ma declinato nella secchezza tagliente delle sonorità d’oggi.
Anche gli altri brani, comunque, sia pure in misura minore danno la certezza d’essere di fronte a un’artista più che promettente: in quanto già “unica” e “diversa” da subito.
“Muoio per niente” canta di vita vera sapendo misurare un’energia che s’avverte sottotraccia e usando senza rete un anomalo recitativo di grande intensità; “Naviglio Grande” (Angelina vive a Milano e canta di sé e di quanto vede attorno sé) gioca scopertamente ansie personali fra sincopi, loop e ritmi sino a sfociare in una introspezione raffinata; “Va tutto bene” ha un mood intrigante di urban e hip-hop mentre canta qualcosa di vissuto in modo sofferto quasi d’afflato soul; e “Treno in corsa” è un altro testo intrigante quanto personale (e rivelatore di chi l’ha scritto) ma soprattutto sa spaziare da una strofa complessa a un refrain “pop”, che arriva subito.
Insomma, non è facile, scrivere così e riuscirci bene. Tantomeno farlo a 19 anni e al debutto. Però, se tanto ci dà tanto e se – come crediamo – Angelina seguirà anche le lezioni etiche, oltre che quelle artistiche, di quel gigante che era suo padre, siamo certi che “Monolocale” non rimarrà un episodio isolato d’un talento fortunatamente lontano dalle banalità dilaganti, che non somiglia all’airplay ma in buona sostanza non somiglia neppure a nient’altro. Presto “Monolocale” probabilmente sarà di più, finirà per venire ricordato solo come il primo passo d’un’artista destinata a fare strada e, pensiamo, a rimanere nel tempo. Purché continui così, ovvio…
Articolo di: Andrea Pedrinelli
Da ascoltare/guardare, “Sono aggrappata a te”