È piena di passione Manu Lalli quando parla della “sua” Madama Butterfly, in scena l’8 e il 21 Agosto 2020 alle ore 21.15 al Gran Teatro all’aperto Giacomo Puccini di Torre del Lago.
Sua sarà la regia, ma anche i costumi e la scenografia, mezzi espressivi attraverso i quali dare voce a temi per lei fondanti: la protezione dell’ambiente e la difesa dei diritti delle donne.
Seduta su una panchina non distante dal lago tanto caro a Giacomo Puccini ripercorre la sua storia, per raccontarci come è arrivata a immaginare la tragedia giapponese come mezzo di espressione ecologista.
“La mia fascinazione per il teatro è cominciata a scuola. Vengo da una famiglia estremamente semplice e se non fosse stato per la scuola forse non avrei mai incontrato il teatro. Un incontro che mi ha cambiato la vita.
Faccio la regista per questo e da adulta mi sono persuasa che avrei dovuto in qualche modo restituire il dono che avevo ricevuto. Per questo ho iniziato a portare il teatro nelle aule, per tutti quei bambini e ragazzi che come me non avrebbero avuto l’occasione di conoscerlo.
Ho fondato la mia compagnia trent’anni fa per potermi dedicare al teatro sociale e ho cercato di portare il mio messaggio ovunque, anche nelle discariche per sensibilizzare al consumo consapevole.
Il sistema teatro per me è un veicolo di messaggi sociali, per questo anche quando faccio come in questo caso regia di opera lirica cerco di utilizzarlo come strumento cognitivo per dire altre cose.
Il teatro non è il cinema, magari lo fosse, e non ha più l’impatto sociale delle origini ma è pur sempre un modo per parlare a migliaia di persone che meritano di più di un mero esercizio di stile, seppur straordinario.
L’arte, come dice Bernard Berenson, è una lente di ingrandimento sulla realtà e quindi credo sia importante che le opere parlino anche a chi vive in questa epoca.
Il teatro non deve fornire risposte ma originare domande…
È molto importante per me sentirmi rappresentata dalle cose che faccio. Ecco perché la Butterfly diventa veicolo di temi ambientali e sociali profondi, drammaticamente attuali e nostro malgrado rappresentativi di questo tempo.
Fai quello che sei, per questo da tutta la vita cerco di restituire quel dono che mi è stato fatto da bambina. Con grande umiltà e per quello che posso. Chiedendomi ogni volta cosa posso tirar fuori da un’opera perché agli spettatori possa interessare, possa in qualche modo appartenere.
Anche oggi che siamo abituati ad una comunicazione molto rapida e sfuggente e la nostra capacità di concentrazione si è ridotta in modo evidente.
L’opera è una forma d’arte strepitosa ed è nostro dovere far sì che diventi familiare anche alle nuove generazioni. E per far questo non basta portare i giovani a teatro, dobbiamo trovare un modo per farli partecipare.
Lo stesso vale per la musica classica, per la letteratura, per l’arte contemporanea…”
E per l’ambiente, credo.
“Proprio così. Perché puoi rispettare solo ciò che ami. E per amare è necessario conoscere.”
In che modo hai scelto di coniugare ambiente e femminile in quest’opera?
“Come sempre faccio quando devo accostarmi all’allestimento di un’opera mi chiudo in casa a leggere tutto quello che trovo, voglio conoscere più punti di vista possibile, tutto quello che è stato fatto, scritto, tutti gli allestimenti precedenti.
Mi chiedo cosa significa per me, cosa può significare per il pubblico.
Nel far questo ho letto un volume intitolato Madame Crisantemo di Pierre Loti. E ho scoperto che l’ingresso delle navi americane nel fiordo di Nagasaki è stata una penetrazione, uno stupro in qualche modo, uno scempio per la natura rigogliosa di quel luogo.
Lo stesso modo in cui Pinkerton si appropria di Cio Cio San, di Madame Butterfly.
In effetti se ci pensi la natura è femminile nel suo senso più profondo, è generatrice di vita.
Ecco qual è stato il percorso immaginativo, ecco perché in scena ci saranno alberi e piante, individui a tutti gli effetti.
Ed ecco perché ho usato i colori dei costumi, il rosso e il bianco in particolare, per lanciare dei messaggi. Usando il linguaggio simbolico e archetipico.
Spero di esserci riuscita, è davvero importante per me…”