Fabiana Martone
Memorandum
(SoundFly – Self)
È davvero una bella sorpresa, questo raffinato e per molti versi innovativo album della cantante Fabiana Martone, che al suo attivo ha anche collaborazioni di spicco in jazz e teatro, oltre che essere voce della band Nu Guinea.
Intanto, il packaging: formato 45 giri di una volta e zero plastica, trattasi d’un cofanetto in cartoncino con all’interno undici “quadri” ognuno contenente uno degli undici testi dei brani in scaletta, sì, ma anche un’opera grafica realizzata ad hoc (partendo dalle liriche) da vari e variegati artisti visivi: all’interno d’un progetto collettivo d’arte vissuta nel concreto, che ha previsto anche il crowdfunding per la realizzazione del CD.
E poi c’è il disco stesso, un concept dentro colori e sapori di Napoli che alla fine dipana una sorta di viaggio dell’anima dentro sé, nonché fra desolazioni e slanci superstiti d’una generazione costretta in “tempi offesi”. Con spunti qua e là da melodramma sonoro -o se preferite rimandi a rumorismi di urban jazz- la Martone lega con la sua voce bella, suadente, moderna un percorso di pop d’autore profondo e ricco di sfumature, ma soprattutto di belle canzoni: che s’aprono con intensità melodica e sono intarsiate con cura di suoni antichi come d’azzeccati squarci elettronici.
Nell’opera della Martone si sente spesso respirare, musicalmente parlando, la Napoli blues-colta di Pino Daniele; ma anche quella riservata e caustica di Nino Buonocore e -a sprazzi- pure quella avanguardista del Neapolitan Power: ma tutto sotto il cappello d’una cifra interpretativa sobria, elegante, classico-autorale che dona all’insieme coerenza e coesione.
Fra i brani non si possono non citare l’impatto solido che emoziona di “Memorandum”, il fascino poetico dall’eco prog de “L’albero di Carnevale”, la delicatezza di frontiera di “Sospesi a Corso Malta”, la raffinata allure blues di “Citofonare Martone”, la rarefazione contemporanea misurata e non banale de “La quadratura della luna”. Anche se forse i vertici del CD sono “Era sulo ajere”, splendida, sospesa e commossa canzone d’autore con squarci di minimal rock, e il cantautorato sperimental-folk de “Il fuoco”, il cui testo estremamente lirico denuncia l’inquinamento che subiamo come la miopia del lasciarcene avvolgere.
E l’impressione più bella, ascoltando questo album, è che Fabiana Martone come cantautrice o interprete d’autore possa dare (e dire) tanto, anche adoprando in modo conscio e compiuto più riferimenti stilistici: il che è un complimento-augurio che pochi giovani, oggi, possono sentirsi rivolgere.
Articolo di: Andrea Pedrinelli
Da ascoltare/guardare, “Era sulo ajere”:
https://www.youtube.com/watch?v=8mXsm9PRejw