Filippo Bertipaglia è un chitarrista padovano appena uscito con il suo nuovo singolo “Night Shift”, che anticipa un percorso di inediti che si svilupperà durante l’anno. Filippo si può definire un “Six strings explorer” per la ricerca effettuata nello strumento, intesa come esplorazione di tutte le risorse che la sei corde può offrire. Ogni espediente tecnico diventa così una possibile modalità espressiva da esplorare. Al contrario del repertorio acustico standard, Filippo ama muoversi su un range di frequenze che abbraccia copiosamente i suoni acuti, solitamente relegati al panorama elettrico. La produzione dei suoi brani è curata da Corrado Rustici, leggendario produttore discografico italiano che vanta nel suo curriculum collaborazioni con artisti come Zucchero, Aretha Franklin, Elisa e Whitney Houston.
Come definiresti il tuo stile?
Non saprei proprio. Forse un mix tra musica pop e “classica”, ma alla fine rispondo solo alla mia voce interna che canta sempre qualche melodia quando la cerco. Poi, a seconda dell’arrangiamento che mi sembra più idoneo in quel momento, il risultato finale si accosterà più a uno stile che a un altro; l’importante è che per me sia la migliore tra le soluzioni realizzabili in quel momento. Devo essere soddisfatto.
Pensando alle tue influenze, chi sono gli artisti a cui più ti ispiri?
In realtà in questo contesto prettamente strumentale non mi ispiro particolarmente a qualcuno. Ho ascoltato una quantità enorme di musica pop nella mia vita, soprattutto rock pop, ma non mi risulta spontaneo riprendere quei canoni e quelle sonorità nelle mie composizioni di chitarra acustica. Ultimamente ascolto quasi esclusivamente musica classica e in questo caso possono influenzarmi certi escamotage pianistici o certi “vestiti armonici” orchestrali da tradurre in termini chitarristici per rendermi sempre più conto quanto sia limitato il mio strumento… Ma per quanto riguarda l’aspetto a me più caro, ovvero la melodia, non ho alcun tipo di riferimento. Sto zitto e mi metto all’ascolto.
Le tue produzioni hanno una firma di pregio: Corrado Rustici. Com’è cambiato il tuo percorso dopo l’incontro con lui?
Innanzitutto è cambiato in termini di tipologia di strumento. Se ora i miei inediti sono interamente suonati con la chitarra acustica è grazie a lui. I miei primi demo (a parte qualche rarissimo caso) erano tutti registrati con la mia fida Stratocaster. Corrado mi ha consigliato di passare alla chitarra acustica principalmente per avere un suono più dinamico e “trasparente”. Ora non ricordo perfettamente le sue parole (sono passati parecchi anni) ma il succo era questo. Da un punto di vista musicale Corrado non si è mai imposto sulla mia scrittura o sulla mia indole melodica ma ha cercato di ammaestrarmi nell’arte della sintesi d’esposizione. I miei pezzi strumentali tante volte non avevano neanche un “main theme” ma erano l’insieme di decine di differenti temi legati tra loro. Abbiamo tenuto quest’approccio solo laddove è talmente esuberante il contenuto che non aveva senso “sacrificarlo” andando a fargli perdere quell’impeto e pazzia originali.
Filippo Bertipaglia qual è l’insegnamento più grande che hai ricevuto da Corrado?
Dei tanti insegnamenti (è davvero una persona illuminata) il più importante per la sua lampante chiarezza è stato il consiglio di nuotare nella stessa piscina e assaporare interamente la vasca nella quale mi immergo scoprendo aspetti nuovi di essa; percorrerla in tutta la sua profondità piuttosto che passare a un’altra vasca dopo qualche bracciata è la chiave. La metafora riguarda l’esposizione di una melodia: non passare repentinamente a un’altra idea ma esplorare quella appena esposta sviluppandone il contenuto, arricchendola, viaggiando con essa.
Suoni abitualmente tutti i tipi di chitarra, acustica, elettrica e classica. Se dovessi pensare a un aggettivo per ognuna?
La chitarra acustica è domabile e multiforme, posso suonarla carica di potenza e tensione come un’elettrica o vellutata come una classica.
La elettrica è la ribelle incatenata. Adoro la chitarra elettrica ma è uno strumento totalmente soggiogato alle “macchine” che vuoi utilizzare per renderla udibile. Per questo tanti ritengono addirittura che sia più importante l’amplificatore utilizzato rispetto alla chitarra per la resa finale del suono.
La classica è pura e inesorabile. Una buona chitarra classica riesce a restituirti tutte le micro sfaccettature timbriche e dinamiche che vuoi applicare al tuo playing ma non perdona nulla. Non c’è nulla dietro cui nascondersi, il suono è cristallino solo se suoni in una certa maniera, altrimenti la sporcizia è dietro l’angolo.
Filippo Bertipaglia quali consigli daresti ai giovani chitarristi che stanno iniziando ora e aspirano a una carriera nella musica?
Il mio consiglio è quello di avere una voce propria, una cifra peculiare. Ovviamente questo vale sia per chi si propone come compositore sia per chi vuole affrontare una carriera come turnista. Che sia la ricerca di un proprio stile o semplicemente quello di studiare a fondo ogni singolo aspetto dello strumento, ritengo necessario avere quell’elemento in più che faccia prediligere la scelta su di noi da parte di chi ci vuol far lavorare. Last but not least il rispetto per il prossimo. Essere arroganti, presuntuosi e primedonne anche se si è talentuosissimi non porta a nulla, soprattutto agli inizi. Non bruciatevi la strada ancora prima di percorrerne qualche metro.
Ringraziamo Filippo Bertipaglia