Il mito della bellezza di Naomi Wolf di nuovo in libreria per Edizioni Tlon.
Nelle religioni matriarcali della Dea diffuse nel Mediterraneo tra il 2500 a.C. e l’800 a.C. la Dea aveva molti amanti. Il modello dominante era quello di una donna, oggi diremmo anziana, e giovani uomini la cui unica funzione era quella riproduttiva.
Ancora oggi in Nigeria sono le donne a detenere il potere economico nella tribù dei Woodabe, con una vera e propria ossessione per la bellezza maschile. Gli uomini infatti si sottopongono per ore a sessioni di trucco e gareggiano a colpi di vestiti seducenti e ammiccamenti in competizioni di bellezza le cui giurie sono femminili.
Per i popoli così detto occidentali invece dai primi decenni dell’Ottocento le donne sono state progressivamente schiacciate dal mito della bellezza, per è stata chiamata in causa persino l’evoluzione. L’idea che le donne belle fossero più fertili è del tutto falsa. Falsa anche la supposizione che gli uomini siano poligami per natura e le donne altrettanto per natura monogame.
Quello che è certo invece è che tutto ciò che è stato costruito intorno al mito della bellezza femminile non riguarda le donne, ma gli uomini che dalla rivoluzione industriale in poi ne hanno fatto un grande strumento di potere per perpetuare un patriarcato che da un punto di vista religioso stava cominciando a non essere più abbastanza efficace.
Anche le idee sul denaro si sono evolute dalla Rivoluzione industriale in poi e non a caso nell’economia capitalista e consumistica anche la bellezza è merce di scambio.
Naomi Wolf scrittrice e giornalista americana deve la sua fama proprio a questo libro uscito in Italia per la prima volta all’inizio degli anni Novanta. Oggi il libro è ripubblicato da Tlon, a cura di Maura Gancitano e Jennifer Guerra che nella prefazione dibattono sul fatto che nonostante ci sembri che negli ultimi decenni siano cambiate molte cose in realtà l’impianto fondamentale resta lo stesso. Le forme di sorveglianza appaiono più subdole, ma il condizionamento che le donne subiscono sul proprio corpo non è cambiato. Subiscono e si auto infliggono un’interferenza costante pensando continuamente al loro corpo e sentendosi perennemente inadeguate, non conformi.
Il valore sociale acquisito dalla bellezza condiziona qualunque ambito dell’esistenza dal lavoro all’alimentazione passando per la sessualità e ai rapporti con gli uomini e con le altre donne. Ecco perché è così importante anche oggi dibattere su Il mito della bellezza.
Articolo di Cinzia Ciarmatori