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Una cartolina da Pietro Nissi

Una CARTOLINA da Pietro Nissi.
Pietro Nissi era un nome che avevo sentito spesso, ma senza la fortuna di poterlo incontrare. Lo scorso 4 dicembre, per uno di quegli strani giochi del destino, ero proprio a cena con lui durante il Gala del Premio Arsenio del Club Magico Italiano sezione Regionale Lazio. Ed è stato molto interessante vederlo all’opera, come il suo sguardo osservasse la sala, vedesse cosa e come inquadrare nel suo obiettivo.

Una cartolina da Pietro Nissi

Nissi ha fondato le Edizioni Bioritmo nel 1990, producendo partiture per orchestra, banda, libri, cd (musica classica, leggera e sonorizzazioni) e Musica da film. Ha scritto il libro “Drust, tra fantasia e realtà” (1975) e firmato i testi di numerose canzoni. Nel campo della fotografia, ha realizzato lavori per A. Foà, G. Albertazzi, M. Placido, L. Guanciale, P. Ammendola, E. Siravo, V. Gravina, vincendo il “Premio Spoltore Ensemble” 2019 per la sezione “Miglior fotografo di scena”. Nel 2020, ha pubblicato la raccolta “Pietro Nissi, una Vita in Cartolina”, contenente le sue produzioni suddivise nelle sezioni Artisti, Musei, Magia, Circhi e Rievocazioni storiche, selezionate tre le oltre mille della “Collezione Nissi – Cartoline d’Autore”. Nel 2020 ha realizzato il libro fotografico “Franco Silvi, una vita da mago” e, nel 2022, il volume  “Artisti in cartolina”. Recentemente, nella veste di collaboratore e fotografo di scena, ha fatto parte del cast tecnico del film “Un marziano di nome Ennio” (2021) diretto da Davide Cavuti, interpretato da Massimo Dapporto, e presentato in anteprima nazionale alla “78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia”. Collabora con il “Centro Studi Nazionale Cicognini” ed è il fotografo Ufficiale dei Premi “Il Leone D’Oro” di Venezia.

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Pietro Nissi

L’intervista

Come e quando inizia a interessarsi di fotografia?

Ho iniziato da piccolo, avevo 12 anni, giocando con una vecchia macchina di mio padre, una gloriosa Voigtländer. Naturalmente scattavo senza rullino. Sono sicuro che data la situazione, il periodo e il mondo di allora… Quelle sono state le foto più belle che non sono riuscito mai a stampare!

Cosa vuol dire per lei fotografare?

Fotografare è, secondo me, vivere e rivivere. Un promemoria di fatti, volti e situazioni; un appunto di viaggi. Un appuntamento con il passato. Naturalmente il significato cambia con il mutare della distanza del tempo trascorso dallo scatto. Le foto hanno bisogno di “sedimentare” per acquisire forza e significato.

In un mondo di invadenza di immagini quanto è difficile trovare la propria strada?

Ormai sappiamo e vediamo tutto. Le telecamere di vigilanza ci sorvegliano e catturano le nostre immagini. Poi ci sono le microcamere montate sulle automobili, su i caschi dei ciclisti e dei motociclisti… La disponibilità dei cellulari che hanno rese fotografiche sempre più sorprendenti e che “leggono” la luce, in tanti casi, meglio delle reflex. La differenza la fa… L’occhio del fotografo e la sua voglia e capacità di racconto. Poi c’è la gestione dei file. Molte belle foto vengono cancellate nella fretta di liberare la “Memoria Disk” ormai strapiena, senza fare un backup di salvataggio.

Oggi chiunque può fare foto con uno smartphone

Lo smartphone, con la sua indubbia qualità, ha reso la fotografia alla portata di tutti e con ottimi risultati. La differenza, come sempre succede in altri settori, è soggettiva perché bisogna saper vedere la foto, la sua magia e la sua capacità di raccontare, prima dello scatto e il risultato deve essere comunque bello e credibile. Molti purtroppo utilizzano il massimo della tecnologia dello smartphone solo per documentare le portate di un pranzo o di una cena…

È difficile far comprendere la difficoltà tra uno scatto d’autore e uno di qualsiasi genere?

Io penso che la foto deve dare un messaggio, un emozione. Deve catturare l’occhio e trasmettere qualcosa al cervello. Se questo avviene, io non vedo differenza tra lo scatto d’Autore e quello di altro genere, magari anche casuale…

L’interesse maggiore che abbiamo negli ultimi anni per le immagini è dovuto alla facilità di poter fare foto e al fatto che siamo passati al digitale più economico dell’analogico?

Il digitale, nel campo fotografico, è stato una grande rivoluzione. Molto più pratico dell’analogico, anche se per qualcuno meno poetico, è comunque innegabilmente un mezzo che ha reso la fotografia alla portata di tutti. Questo naturalmente è un fatto positivo.

Cosa deve racchiudere uno scatto fotografico?

Uno scatto fotografico deve dare un racconto, anche se congelato in una frazione di secondo, e un’emozione. Sembra una ricetta facile, ma dipende anche dalla sensibilità di chi “legge” la foto.

Come nasce il progetto delle “Cartoline”?

Il progetto nasce dalla voglia di raccontare e condividere. La cartolina ha esaurito la sua funzione storica; difficilmente viene spedita in modo tradizionale, con tanto di francobollo che ormai sono complicati anche da reperire nelle tabaccherie. Resta comunque una foto stampata, che può raccontare ed emozionare. Io con la mia collezione/produzione ho realizzato cartoline su ogni settore, tanto da dividerle in categorie. Attori/attrici, Teatri, Sport, Circhi, Musei e Collezioni, Magia e Giochi di prestigio, Militaria e rievocazioni storiche, Cucina, Paesaggistica ecc. ecc. Quanto ne ho realizzate? Non ho dati certi e molte sono state smarrite per diverse emergenze tipo, per esempio, il terremoto in Abruzzo… Sicuramente più di mille soggetti, che ha comportato un imponente lavoro fotografico. Per esempio nel realizzare l’Almanacco dei prestigiatori, l’Editore ha scritto nella presentazione del volume che almeno la metà delle foto utilizzate sono mie, reperite nei vari siti di Internet. Una bella soddisfazione vederle collezionate da un sempre crescente numero di appassionati; naturalmente le prime stampe, di difficile reperibilità, hanno raggiunto buone quotazioni nei mercatini del collezionismo. Lo dico con un certo distaccato piacere perché io non mi sono mai interessato dal punto di vista commerciale. Nella vita ho sempre avuto interessi multiformi; la cartolina è la mia password per entrare in ambienti eterogenei e raccontarli. Ormai per me è come una missione e non potrei più farne a meno.

Un aneddoto che ricorda con particolare affetto.

Ce ne sono tanti, ma uno è veramente particolare. La mia macchina fotografica, naturalmente, mi ha permesso, nel tempo, di fare con le mie foto, libri, opuscoli e tantissime cartoline. Ho ricevuto dei riconoscimenti, come per esempio “Miglior Fotografo” di scena al Festival di Spoltore, e le mie immagini sono state stampate su libri e riviste. Una volta il TG5 aprì un servizio su Roscigno vecchio facendo vedere la cartoline che avevo dedicato all’ultimo abitante di questo paese del salernitano. Passiamo all’aneddoto. Nel 2021 ho partecipato, come fotografo di scena, al film UN MARZIANO DI NOME ENNIO, dedicato al genio di Flaiano, del regista Davide Cavuti, presentato al Festival di Cinematografico di Venezia e premiato alla Camera dei Deputati. A un certo punto della ripresa mi è stato detto di vestirmi stile anni ‘60 perché dovevo partecipare a una scena. La sorpresa è stata che, in pratica ho recitato me stesso cioè un fotografo autore di cartoline. Nel cast ci sono attori, solo per citarne alcuni, del calibro di Massimo Dapporto, Michele Placido, Mariano Rigillo, Lino Guanciale, Edoardo Siravo, Pino Ammendola e, proprio quest’ultimo, nella mia scena, dopo un breve dialogo ha concluso dicendo “A Nissi, tu pensi solo alle cartoline!” Per me questo episodio rimane come qualcosa di veramente incredibile e documentato da un film.

Per chiudere, questa piccola intervista, voglio ricordare la partecipazione al progetto del Presepe Monumentale di Mario Agrestini, che richiede per una completa esposizione circa duemila metri quadri e che io porta avanti, da anni, attraverso le mie cartoline da collezione. Un progetto importantissimo che ci sta aprendo le porte del Mercato americano.

Articolo di: Luca Ramacciotti

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