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Cenerentola ossia la fiaba che non c’è

Cenerentola ossia la fiaba che non c’è. Sempre più spesso le donne stanno ricoprendo ruoli strategici. Non era ancora molto frequente nei teatri d’opera ma sebbene ancora lentamente, la musica sta cambiando.
Sia per scelte artistiche, che drammaturgiche spesso spettacoli con al centro la figura femminile, sono stati oggetto di studi e critiche esclusivamente maschili.

Privando il pubblico di un altro punto di vista, diverso. Il teatro sta aprendosi verso un nuovo modo di proporre il femminile, di interpretarlo, rendendolo leggibile e contemporaneo. Con buona pace dei conservatori, anche le eroine idealizzate dalla narrativa, negli intenti delle registe, evolvono. D’altronde per parlare di donne non bisogna necessariamente esserlo ma aiuta ed è così che vediamo aperture di stagione nei teatri guidati da donne, con titoli che esaltano l’immaginario femminile e la sua idealizzazione messi in scena da donne che mostrano come sia possibile, senza snaturare un’opera con secoli di storia alle spalle, renderla attuale. È il caso del Teatro Coccia di Novara, guidato da Corinne Baroni che sceglie un classico del repertorio, La Cenerentola di Rossini, affidandolo a una giovanissima regista, Teresa Gargano, che decide di proporre una lettura tradizionale, recuperando fondali storici (cosa ormai rara da trovare) e montando una macchina scenica semplice ma perfettamente funzionale.

Grafica Divina

Cenerentola ossia la fiaba che non c’è

Gargano toglie la polvere ma non la piacevolezza di una fiaba crudele senza tempo. Non inserisce invenzioni o riletture ma il cast (quasi tutto debuttante e che debutto) e la direzione, sono capaci di quella freschezza e sfrontatezza tipici di chi non ci sta a rimanere ancorato al passato. Cenerentola interpretata da Mara Gaudenzi, pur rimanendo umile, incarna una protagonista volitiva, che non ci sta a subire gli eventi, sia la presenza scenica che la voce, sottolineano questa determinazione. Lei il trono lo vuole, anche se ancora non lo sa.

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Prima pensa a ballare, un quarto, meglio una mezz’ora e poi di corsa verso un trionfo che Rossini in un serratissimo rondò finale, che la consacra, anche per il pubblico di Novara, trionfatrice della serata assieme al brillantissimo direttore Antonino Fogliani che troppo poco si ascolta in Italia. Fogliani è il personaggio in più: è in buca con l’orchestra e contemporaneamente è sul palco a tenere per mano tutti i personaggi, divertendosi e riuscendo a trasmetterlo oltre la scena.Don Ramiro di Chuan Wang, è sicuro del suo potente mezzo vocale, dotato di eleganza nel portamento. Niente sovracuti urlati, non ce n’è bisogno di rubare la scena a Cenerentola. Finalmente un Don Ramiro che sa stare al suo posto.Spassoso il Dandini di Emmanuel Franco, che entra in scena accompagnato dai suoi Dandini boys.Il veterano del cast, oltre a Fogliani, è Simone Alberghini, che debutta il ruolo di Don Magnifico.

Vocalmente ineccepibile e forte di una grande presenza scenica, porta in scena un padre incapace di autorità, privo di perfidia che si accomoda alle occasioni che la narrazione gli propone. Divertentissimo il momento in cui usa le figlie come scudo per difendersi  dagli eventi. Un Don Magnifico umano, per nulla caricaturale, un perdente consapevole di esserlo.
Tutto il cast funziona (lo completano Caterina Dallaere e Maria Eleonora Caminada finalmente prive di grotteschi eccessi ma non di goffaggine) ed è evidente l’armonia creatasi in questa produzione. Ma d’altro canto quando si ha una buona idea di base e le persone giuste con la quale svilupparla, il successo non può che essere degna conseguenza di un lavoro di squadra.

Alla guida del coro, tutto maschile, un’altra donna: Francesca Tosi, che prepara perfettamente sia vocalmente che scenicamente, le voci che ha a disposizione.
Parlare di Cenerentola o immedesimarsi in questa fiaba ha ancora senso: nell’animo di una donna c’è sempre voglia di divertirsi, di sentirsi protagoniste, non di un ballo ma della propria vita, questo ci può insegnare un’opera come questa, di non abbattersi se non troviamo sostegno in ciò che riteniamo famiglia, se nessuno crede in noi e ingiustamente pensiamo che ci trascuri. Non dobbiamo aspettare un evento magico che cambi le cose per noi, abbiamo tutto. Spesso manca il coraggio, in questo caso rappresentato da Alidoro interpretato da Francesco Leone che ripulito da quell’alone di magia invita Cenerentola a vedere la vita come una grande messa in scena. Di come un abito, una maschera, possano aiutare, inizialmente, a tirare fuori ciò che l’occhio spesso davanti all’apparenza non vede. Ed è così che la scelta di sostituire l’aria “La del ciel” con “Vasto teatro è il mondo” rende terrena e non sovranaturale questa rappresentazione, permettendo anche a chi osserva, di potersi sia immedesimare, che credere che nella vita tutto può essere e divenire, così come il suo esatto contrario.

Il Teatro Coccia, si conferma un teatro con una visione lungimirante, dove sebbene rimanendo nella tradizione, si sperimenta. Si contamina soprattutto. Baroni è in grado di mettere insieme più generazioni e farle funzionare molto bene. Affida a una giovanissima interprete il ruolo per nulla semplice, della protagonista di questa opera. E a eccezione del direttore Fogliani, quest’opera è tutto, da dietro le quinte, un gioco di donna.
Dopo l’inaugurazione di stagione con il titolo rossiniano che mi auguro venga presto riproposto in nuove repliche, il calendario del Coccia propone una ricca e trasversale proposta di intrattenimento dal vivo.Da segnalare la prima assoluta della Maratona Proiezione Cassandra In te dormiva un sogno, da lunedì 7 febbraio, fino a mercoledì 2 marzo.

Articolo di: Susanna Alberghini

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