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Dio salvi Elisabetta Regina d’Inghilterra e il Rossini Opera Festival

Pesaro non è famosa solo per il mare. Questa città forse ancora troppo poco nota, ha dato i natali a un grande compositore che ha segnato la storia della produzione operistica italiana: Gioacchino Rossini, ed a lui che è totalmente dedicato il Rossini Opera Festival, che giunge quest’anno, alla 42° edizione.

Dio salvi Elisabetta Regina d’Inghilterra e il Rossini Opera Festival

Il festival, uno dei pochi italiani che mette in scena tre opere, non solo in forma semiscenica ma con regia e cast degni di nota, propone un percorso che va dalle primissime esperienze musicali di Gioacchino Rossini (Elisabetta Regina d’Inghilterra in scena fino al 19 agosto) passando per una delle più amate farse rossiniane, Il signor Bruschino, (ultima replica il 18 agosto), fino a raggiungere la più completa maturità con l’opera oratorio Moise et pharaon.

Grafica Divina


Tre nuove produzioni, per tre differenti allestimenti e punti di vista. Che sia serio o buffo, Rossini e la sua musica, permettono ampia versatilità di realizzazione.Alla presentazione stampa, arena e teatro blindati e accessibili ai soli addetti al settore, la prima opera proposta, Moise et pharaon, è stata proposta in un allestimento rigoroso, firmato da un nome ormai di casa al festival: Pier Luigi Pizzi che ne cura anche scena e costumi.
L’impianto è classico ma spoglio e prosegue la poetica visiva del maestro Pizzi, poche cromie a fare da contrasto, riservate per lo più alla corte del faraone. Il rigore è maniacale e tutto molto simmetrico dove le masse del coro seguono linee abbastanza statiche ma ben in equilibrio tra palco e direzione. Arricchiscono la narrazione visiva i lunghi  ballabili riservati a un passo a due estremamente convincente.

Le luci e l’assistenza alla regia sono affidate a Massimo Gasparon.L’opera, per durata e organico è immensa, un monumento lasciatoci da Rossini a memoria del passato che puntualmente nei secoli, si ripresenta e non trova pace: la terra promessa per gli ebrei guidati da Mosè, questa spasmodica ricerca che viene sottolineata in un colpo di scena temporale, dove l’azione si trasferisce nella prima metà del ‘900 ricordando l’olocausto.

Il compito più difficile viene affidato al direttore Sagripanti, qui abilissimo a tenere in equilibrio i numerosi personaggi in scena, l’orchestra e gli ampi interventi del coro. Tira fiato ma solo apparentemente, per il balletto magistralmente realizzato dal coreografo Gheorghe Iancu. Il cast è di alto livello, su tutti spicca il Moise di Roberto Tagliavini, serio e fermo nella voce come in parte.

Erwin Schrott è un perfetto contraltare nel ruolo a contrasto del faraone. Non si può esprimere liberamente come solitamente fa in altri repertori, e soffre nell’interpretazione ma non nella vocalità.Ottimi i ruoli femminili che vedono il debutto nel ruolo di Anais, Eleonora Buratto che nonostante le difficoltà nelle agilità sfodera una tecnica solida e di grande carattere. Vasilisa Berzhanskaya stupisce, sia per timbro, tecnia che interpretazione, Monica Bacelli, si conferma una grande professionista che ha ancora tanto da dare a questa arte. Andrew Owens porta in fondo un personaggi che crea alcune difficoltà.

Incisivi i ruoli sostenuti da Alexey Tatarintsev, Matteo Roma e Nicolò Donini. Il coro Ventidio Basso, di Ascoli Piceno, risulterà il vero trionfatore della serata.
Nuovo allestimento anche per la farsa del Signor Bruschino, in scena al teatro Rossini. Delle tre opere in cartellone questa è l’unica a ospitare il pubblico in teatro.

Per motivi di covid l’orchestra è stata spostata in platea ed è una gioia per gli occhi, oltre che per le orecchie. Michele Spotti dirigere la Filarmonica Gioachino Rossini in uno spettacolo ideato da Barbe & Doucet, ancora poco noti in Italia, con le luci di Guy Simard. Già dall’attacco iniziale troviamo uno Spotti saldo e coinvolto nella sua concertazione. L’ouverture, famosa per gli archetti battuti sui leggii, è briosa, ricca di sfumature tipiche della composizione rossiniana.L’azione è ambientata in un porto e si svolgerà su tre livelli: il molo, la nave dei protagonisti e una piccola scialuppa affiancata alla nave. questa scialuppa sarà determinante nell’aria di Sofia.

La trama è abbastanza debole ma la musica i cantanti scelti per questa produzione rendono quell’ora e mezza di musica, piena di teatro.Un ragazzo, figlio di l’acerrimo nemico del padre della sua amata, la vuole sposare ma proprio quando sta per chiederle la mano, il padre di questa organizza un matrimonio con il figlio del suo socio in affari.

Questo è il pretesto che da spinta all’azione. In scena ritroviamo un grande cantante che ha fatto la storia del Rossini Opera Festival: Pietro Spagnoli, nei panni di Bruschino padre. Si conferma un grande artista, sicuro della sua bella voce e dalla grande presenza scenica. Lui a traino di una compagnia di canto piuttosto giovane ma di grande qualità. Nella compagnia di canto figurano Marina Monzò, Giorgio Caoduro, Jack Swanson, Gianluca Margheri, Chiara Tirotta, Manuel Amati ed Enrico Iviglia. Repliche il 13, 15 e 18 agosto. Lo spettacolo è coprodotto con la Royal Opera House Muscat (Oman) e con il Teatro Comunale di Bologna.
Conclude il ciclo delle tre opere rossiniane, una curiosità: Elisabetta regina d’Inghilterra della quale quasi tutti conoscono e riconoscono (la stessa del Barbiere di Siviglia) l’ouverture ma della quale in effetti si sa e si sente pochissimo.

Se pensate di trovarvi di fronte a una regina Elizabetta in stile Tudor, vi sbagliate di grosso. Elisabetta c’è ma è quella contemporanea, quella che Dio puntualmente salva.Davide Livermore, che firma la regia, spiazza tutti portando in scena un’opera che parla attraverso un linguaggio fatto per icone.Tutto ciò che sappiamo della regina Elisabetta II attraverso, serie e film, qui c’è, a partire dalla longeva serie di The crown, passando per The Queen e l’emblematico cervo, sino alla pellicola Il discorso del re. Elisabetta come un simbolo, una pop star divenuta opera d’arte. Diretta da Evelino Pidò, puntiglioso senza raggiungere il risultato sperato, è alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e del Coro del Teatro Ventidio Basso che mostra sempre grande fermezza e puntualità.La messa in scena è cinematografica con le scene di Giò Forma, i costumi di Gianluca Falaschi, le luci di Nicolas Bovey e il videodesign di D-Wok.

Forse l’aspetto visivo, oltre alla rarità del titolo proposto, sono il vero elemento di distinzione dalle altre due opere presenti in cartellone.Nel cast, Karine Deshayes molto simile visivamente alla regina, non convince totalmente e appare spesso affaticata in un ruolo dove il rigore è doveroso, Sergey Romanovsky e Salome Jicia convincono totalmente, brava Marta Pluda per la prima volta in versione en travestie, Barry Banks e Valentino Buzza completano il cast. Repliche il 17 e 21 agosto. Lo spettacolo è coprodotto con la Fondazione Teatro Massimo.

Il festival proseguirà con il consueto appuntamento con Il viaggio a Reims proposto dall accademia rossiniana, il 18 agosto alle ore 11.00 presso il teatro Rossini, l’atteso Stabat Mater il 20 agosto all’arena Vitrifrigo, il Gala rossini in piazza del Popolo, il 22 agosto e si concluderà con una serie di concerti interpretati dai grandi nomi del repertorio rossiniano.

Articolo di Susanna Alberghini

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