Nel 1994 Jeff Bezos compila una lista. Un elenco di venti prodotti.
Poi li decurta uno a uno, iniziando da quelli che non pensa possano essere venduti on line.
Rimarranno i libri, comincerà con quelli dopo aver lasciato il suo posto fisso.
Il resto è storia. La storia di Amazon.
Day 1. Giorno 1.
Questo è il nome del grattacielo nel centro di Seattle che ospita gli uffici di Bezos. Giorno 1, come imparano subito i dipendenti, è la strategia principale: l’atteggiamento sarà sempre quello del primo giorno di vita dell’azienda.
Intenso, febbrile.
Amazon nel 2018 valeva mille miliardi di dollari, oggi ancora di più stando alle statistiche, eppure Bezos continua a gestire l’azienda alla stregua di una piccola attività sempre sul punto di chiudere.
Una strategia incentrata sul cliente
Una delle più grandi preoccupazioni di Bezos è che Amazon fallisca come tante altre grandi aziende la missione principale: creare innovazione e prodotti per “far felici i clienti, semplificargli la vita e renderla meno dispendiosa”.
Per questo ogni dipendente sa che quella è la sua missione, accontentare ogni singolo cliente. Perché da quello dipende la sopravvivenza dell’azienda.
A cosa punta davvero Amazon?
Se lo chiede Brian Dumaine, autore di Bezomania, che ha intervistato più di duecento persone tra dipendenti ed ex dipendenti, inclusi i dirigenti più in vista.
Giornalista di grande fama e redattore di Fortune, Dumaine analizza il ruolo più che fondamentale degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale, sui quali l’intero colosso ha posto le sue basi, una macchina dal moto perpetuo apparentemente in crescita costante.
Bezomania non analizza solo le chiavi del successo dell’azienda di e-commerce più grande del mondo, analizza nel contempo la storia del mondo in cui viviamo, nel quale un’azienda può essere al contempo una miniera d’oro e una minaccia per la società.
Bezonomia
di Brian Dumaine
Traduzione di Sara Galluccio
Hoepli
Articolo di: Cinzia Ciarmatori