Una nuova indagine di Greenpeace e Public Eye rivela che l’Italia nel 2018 ha approvato l’esportazione di oltre 9.000 tonnellate di pesticidi vietati in Ue, diventando così il secondo maggior esportatore di prodotti pesticidi vietati in Europa. Dopo l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, l’Italia conquisterebbe addirittura il primo posto.
Lacune nelle norme europee e internazionali fanno sì che le aziende chimiche rimangano libere di produrre ed esportare dall’Ue pesticidi di cui è stato vietato l’uso sul nostro territorio al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente. Questo commercio è sempre stato avvolto dal segreto commerciale, ma ora l’indagine condotta dall’unità di giornalismo investigativo di Greenpeace UK, Unearthed, e dalla Ong svizzera Public Eye, ha raccolto i dati più completi sulle esportazioni di pesticidi vietati dall’Ue mai diffusi.
L’indagine ha permesso di ottenere centinaia di documenti emessi da aziende in tutta Europa che dimostrano l’intenzione di esportare 81.615 tonnellate di prodotti fitosanitari vietati. In totale, circa 9.500 tonnellate pari al 12 per cento di quelle esportazioni pianificate, provenivano dall’Italia, il totale più alto dei paesi dell’Ue interessati, dopo la Gran Bretagna.
Le esportazioni italiane notificate riguardano 10 diversi prodotti agrochimici pericolosi destinati a paesi tra cui Stati Uniti, Australia, Canada, Marocco, Sud Africa, India, Giappone, Messico, Iran e Vietnam.
La notizia arriva dopo che quest’estate dozzine di esperti di diritti umani delle Nazioni Unite hanno lanciato un appello affinché si metta fine alla pratica “deplorevole” di esportare pesticidi tossici vietati verso i paesi più poveri.
“I giganti della chimica inondano di pesticidi altri Paesi, molti dei quali più poveri. Queste sostanze sono così pericolose che abbiamo preso la giusta decisione di vietarne l’uso nel nostro Paese e in tutta Europa. Cosa ci dà il diritto di pensare che sia legittimo continuare a produrli e spedirli in tutto il mondo?” dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia. “Il fatto poi che importiamo alimenti da molti di quei Paesi in cui abbiamo scelto di vendere questi pesticidi tossici rende questa pratica ancora più assurda perché ci potrebbero ritornare nel piatto. L’Ue deve porre fine a questa ipocrisia vietando per sempre la produzione e l’esportazione di tutti i pesticidi vietati”.
Circa due terzi (6.120 tonnellate) del totale delle esportazioni italiane erano di trifluralin puro, prodotto da Finchimica. Questa sostanza viene utilizzata per produrre formulazioni di diserbanti. Il trifluralin è un sospetto cancerogeno ed è stato vietato nell’Ue dal 2007 a causa della sua elevata tossicità per i pesci e altri organismi acquatici, nonché per la sua elevata persistenza nel suolo.
Finchimica ha emesso anche piani per esportare 1.820 tonnellate di un altro erbicida vietato, l’ethalfluralin – un altro sospetto cancerogeno per gli esseri umani – principalmente negli Stati Uniti e in Canada nel 2018.Un’altra azienda italiana, la Sipcam Oxon, ha notificato piani per esportare più di 300 tonnellate di diserbante a base della famigerata atrazina, un erbicida tossico, in Sudan, Israele, Stati Uniti e Sud Africa. Ha inoltre notificato una prevista esportazione di 220 tonnellate di diserbante a base di alachlor in Sud Africa.
L’atrazina è stata vietata nell’Ue dal 2004 e l’alachlor dal 2006, a causa dei rischi di contaminazione delle acque sotterranee. Secondo l’EPA (Environmental Protection Agency) degli Stati Uniti, l’esposizione all’atrazina ha “dimostrato di avere effetti neuroendocrini con conseguenze sia a livello riproduttivo che di sviluppo considerate rilevanti per gli esseri umani”.
L’alachlor è un sospetto cancerogeno ed è classificato come molto tossico per gli organismi acquatici. È stato identificato come un potenziale interferente endocrino dalla Commissione europea nel 2000 ed è anche una delle poche sostanze chimiche che rientra nei criteri per essere elencato come pesticida pericoloso ai sensi della Convenzione di Rotterdam.
Altri pesticidi vietati che sono stati notificati per l’esportazione dalle autorità italiane includono 400 tonnellate in Marocco del fumigante 1,3-dicloropropene e 329 tonnellate di insetticidi a base di propargite, in India, Vietnam e Marocco. Entrambe le sostanze sono state classificate come probabili cancerogeni per l’uomo dall’EPA.
L’1,3-dicloropropene è stato vietato nell’Ue nel 2007 a causa dei rischi per l’esposizione dei consumatori, nonché per il rischio di contaminazione delle acque sotterranee, per gli uccelli, i mammiferi e gli organismi acquatici. La propargite è stata bandita nel 2011 a causa dei rischi legati all’esposizione di consumatori e operatori, nonché per il “rischio elevato a lungo termine per i mammiferi” e di un “rischio di avvelenamento secondario per gli uccelli”.
Nel corso dei nove mesi di indagine è stata raccolta una mole imponente di “notifiche di esportazione” per prodotti chimici per l’agricoltura vietati in Ue, attraverso le ripetute richieste di accesso agli atti all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) e alle autorità di diversi paesi dell’Ue. Si tratta di documenti che le aziende devono produrre per ogni prodotto che intendono esportare contenente sostanze chimiche vietate nell’Ue.
* Tabella riassuntiva delle notifiche di esportazione per il 2018 per Paese
Paese | Esportazioni programmate di pesticidi vietati in Ue, 2018 (kg/l)* |
Regno Unito | 32.187.500 |
Italia | 9.499.920 |
Germania | 8.078.963 |
Paesi Bassi | 8.010.213 |
Francia | 7.663.389 |
Spagna | 5.182.400 |
Belgio | 4.987.471 |
Bulgaria | 3.792.000 |
Finlandia | 2.000.000 |
Ungheria | 153.000 |
Austria | 60.000 |
Totale | 81.614.856 |
(Fonte: Unearthed/Public Eye analisi delle notifiche per l’esportazione)
Ulteriori informazioni fornite da aziende e/o da autorità nazionali mostrano che in alcuni casi il volume esportato si è rivelato superiore o inferiore rispetto alla quantità notificata e in alcuni casi le esportazioni non sono avvenute. Questa indagine riporta la quantità di pesticidi notificata per l’esportazione.