Luca Madonia
La piramide
(Viceversa Records)
È bello, reincontrare dopo qualche tempo il mondo da songwriting contemporaneo di Luca Madonia, un autore capace d’essere sempre moderno e convincente pur spaziando moltissimo, dentro un mix d’eco e stili radunati in brani arrangiati con grinta, guizzi e soprattutto una personalità originalissima quanto coerente: coerente, peraltro anche con l’ormai ampio percorso dell’artista, che da subito seppe spaziare dal pop di qualità alla ricerca, dal cantautorato intimista a un rock indirizzato su strade europee.
Ne “La piramide” Madonia propone, con voce sorridente, interpretazioni intelligenti e numerosi duetti quasi tutti di pregio, un percorso di dieci canzoni: che si svelano via via ricchissime di contenuti anche attuali, e soprattutto sono sempre vergate liricamente con pulizia, e musicalmente innestate in atmosfere tutte d’alto bordo, che comunicano guardando anche a suoni internazionali e contemporanei.
Nella tracklist, brani che spiccano all’ascolto sono l’elegante carezza fra synth e classica -con graffi elettrici ed elettronici- di “Guarda come scorre”, interpretata con l’amico di sempre Mario Venuti per cantare di vita e speranza; indi la splendida, e per scrittura e per sviluppi, “Canzone semplice”, cui Carmen Consoli regala classe; ancora, l’eccellente incontro vocale “Avrei bisogno” con Mauro Ermanno Giovanardi, in un gioiello semi-acustico lavorato con misura e garbo; e quella “Casomai”, dal vago sentore di Jobim, che esalta la bravura di Patrizia Laquidara in un episodio retrò di gusto ma dai nervi scoperti.
Chicche vere e proprie d’autore fra melodia e rock, invece, sono gli incontri con Franco Battiato ed Enrico Ruggeri (da solo e nei Decibel). Con Battiato Madonia chiude l’opera in “Quello che non so di te”, canzone maestosa nella sua pulita melanconia, dal testo magnifico, con strepitosi rivolti degli ottoni e un Battiato commovente; con Rouge in “Allora fallo” invece l’opera Madonia la apre, in un contesto sonoro estivo e fintamente sbarazzino, che con crescendo teatral-rockeggiante si fa sferza sul senso del vivere.
E poi Enrico torna coi Decibel ne “I desideri non cambiano”, forse una delle migliori composizioni de “La piramide”, valorizzata da arrangiamenti elettronici screziati e capace d’osare parole adulte in un’atmosfera tesa e vagamente dark. Ma attenzione, che oltre ai duetti con i giganti Madonia convince anche scegliendo Giada Colagrande per “Le conseguenze che non ti aspetti”: composizione futurista e incisiva, cesellata di suoni moderni, nella quale il bel duetto autore-interprete vola alto e prende dentro, anche se lì non c’è Battiato e non c’è Ruggeri, anche se siamo in ambito più “easy”.
Ma il fatto è che alla fine, a ben vedere, è come se con “La piramide” Luca Madonia firmasse la rivincita degli autori di classe, della cultura musicale, dell’eclettismo e della qualità su mode, tendenze, voci testi e suoni senza pensiero sottostante: dimostrando che invece anche quando ci si sposta verso il pop, se il pop è scritto da autori veri e attenti all’oggi, può essere tuttora musica da ascoltare anche ballando, da approfondire pur godendone, da tenere in considerazione quanto rock e cantautorato.
Perché se la musica è scritta bene, è faccenda ancora necessaria: in qualunque stile l’autore la voglia (o sappia) declinare.
Articolo di: Andrea Pedrinelli
Da ascoltare/guardare: “Quello che non so di te” (con Franco Battiato):
https://www.youtube.com/watch?v=I004k60jpqA