Le aziende utilizzano plastica liquida, semisolida o solubile tra gli ingredienti dei detergenti per bucato, superfici e stoviglie presenti sul mercato italiano e l’uso di tali sostanze, ad oggi non regolamentato, ne determina il rilascio nell’ambiente e nel mare. Lo rivela il nuovo rapporto di Greenpeace ”Plastica liquida: l’ultimo trucco per avvelenare il nostro mare” elaborato grazie a indagini online, consultando le pagine web ufficiali delle principali aziende di detergenti in Italia, e di laboratorio per verificare la presenza di materie plastiche in forma solida inferiori ai 5 millimetri, le cosiddette microplastiche.
Le aziende, interpellate da Greenpeace, hanno confermato l’uso di plastiche come ingredienti dei detergenti e la maggior parte è in formato liquido, semisolido o solubile anziché solido come peraltro evidenziato dall’indagine dell’organizzazione ambientalista.
Infatti, dei 1.819 prodotti controllati sul web 427 (23 per cento del totale) contengono almeno un ingrediente in plastica e le aziende con una percentuale maggiore di prodotti con plastica sono: Procter & Gamble (53 per cento con prodotti a marchio Dash, Lenor e Viakal), Colgate-Palmolive (48% con prodotti a marchio Fabuloso, Ajax e Soflan) e Realchimica (41% con prodotti a marchio Chanteclair, Vert di Chanteclair e Quasar).
Le analisi di laboratorio, il cui scopo era verificare la presenza di particelle solide inferiori ai 5 millimetri, hanno evidenziato che dei 31 presi in esame solo in due erano presenti: Omino bianco detersivo lavatrice color + dell’azienda Bolton e Spuma di Sciampagna Bucato Classico Marsiglia dell’azienda Italsilva.
“Ogni giorno attraverso l’uso di detergenti per il bucato, le superfici e le stoviglie rilasciamo materie plastiche nell’ambiente e nel mare e per gran parte di queste – le plastiche in forma liquida e semisolida – non conosciamo ancora gli impatti ambientali. I nostri mari già soffocano per via dell’inquinamento da plastica solida, oggi scopriamo una nuova potenziale minaccia per l’ecosistema più grande del Pianeta” dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace. “Le aziende hanno già trovato il modo per aggirare l’imminente proposta dell’ECHA sulle microplastiche solide ricorrendo alla plastica liquida o semisolida, continuando così a fare profitti a scapito del Pianeta”.
Dal 2018 l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) sta lavorando a una proposta di restrizione per vietare l’utilizzo di microplastiche aggiunte intenzionalmente in numerosi prodotti di uso comune tra cui cosmetici, detergenti, vernici e fertilizzanti.
Questa proposta, da inserire nel regolamento europeo REACH, se approvata ridurrebbe il rilascio nell’ambiente di oltre 40 mila tonnellate di plastica ogni anno. In base alle informazioni finora disponibili la proposta di regolamentazione dovrebbe interessare solo le particelle in plastica in forma solida ed escludere quelle in forma liquida, semisolida e/o solubile.
Proprio oggi Greenpeace ha lanciato una petizione per chiedere al ministro dell’Ambiente di sostenere la proposta dell’ECHA sulle microplastiche e migliorala inserendo un divieto anche per l’uso di plastiche liquide, semisolide e/o solubili applicando concretamente il principio di precauzione.
“La volontà di marchi come Coop e Unilever di eliminare questi materiali entro il 2020 ci conferma che sono già facilmente sostituibili. Proprio per questo lanciamo una nuova petizione per chiedere al ministro Costa di sostenere e migliorare la proposta europea. Non c’è bisogno di un nuovo inquinamento per il nostro mare che è già gravemente malato” conclude Ungherese.
Scarica il rapporto ”Plastica liquida: l’ultimo trucco per avvelenare il nostro mare”