Azul ⴰⵣⵓⵍ
Azul
(Extended Play – Apogeo Records / Egea)
“Azul”, in italiano, significa “blu”; ben più complesso di questo termine spagnolo è invece l’altra metà, del nome di questo complesso napoletano tra world music e influenze folk-jazzate, un termine berbero in caratteri berberi che -traslitterato- suona come “Tamazight” (sperando d’averlo capito bene), significa “Vieni verso il mio cuore” e mentre il blu di “Azul” crediamo rappresenti la tinta solare ed elegante della musica della band, questo “ⴰⵣⵓⵍ” sta a confermarne la scelta di puntare sul valore della contaminazione, un concetto da applicare in modo sano e positivo dentro ed oltre la musica.
Però a questo punto ci scuseranno e gli Azul ⴰⵣⵓⵍ e il loro carissimo ufficio stampa, ma non scriveremo di continuo il nome del complesso anche in berbero: pure onde evitare che la nostra direttrice ci mandi lettere di biasimo… Basti Azul, e così sia.
Tanto c’è da dire a sufficienza pure senza caratteri berberi, di questo bel debutto: fatto di sei inediti un po’ in spagnolo, un po’ in portoghese, un po’ in italiano e un po’ nella bellissima lingua partenopea (in bella sostanza dunque in una sorta d’esperanto mediterraneo) che rivelano anzitutto bel suono, personale, corposo, ricco di spunti e riferimenti espressivi; indi qualità strumentali e vocali ben messe in primo piano senza esasperazioni; infine, specie negli episodi più riusciti, un primo tentativo d’un world songwriting che però oltre che possedere potenzialità già palesi è sin d’ora capace di buoni esiti compiuti.
I brani cardine dell’EP degli Azul, quelli a nostro avviso più validi, sono “Cruces” e “La locura”. “Cruces”, in napoletano, possiede una poeticità sfiziosa e sensuale, e la esprime su una densa tavolozza sonora d’autore da cui spicca la sfumatura d’un folk alto. “La locura” invece ha afflato flamenco e però lo sviluppa verso un elettropop molto stuzzicante senza disdegnare piccoli svisi jazzati: una pagina grintosa, vivacissima, anch’essa originale.
Il merito d’un linguaggio già di livello al debutto è di tutti gli Azul, ovviamente: quindi anche del notevole lavoro strumentale di Dario Di Pietro (chitarre-bassi-synt), Enrico Valanzuolo (tromba) e Ricccardo Schmitt (batteria-percussioni). Però il maggior merito d’una scrittura omogenea e di spessore è della cantante e chitarrista Marilena Vitale, poiché i pezzi sono tutti suoi: puro cantautorato al femminile moderno e intrigante, che nelle mani della band assume le sfumature d’arcobaleni coloristici più ampi.
Anche gli altri quattro brani del CD/EP, sono di bella profondità autorale: molto “vero” e ammaliante “Multiverso”, che tanto deve anche alla voce pura e ruvida della stessa Vitale, originalissimo e d’intimismo soffuso “Luz de lucha”, intrigante e ritmicamente profonda la tesa “Contestas”, che mette in luce chitarre e tromba. L’ultimo pezzo della scaletta, “Carrer Sant Rafael”, è infine una sorta di biglietto da visita poetico-musicale il cui intenso testo su contaminazione e dialogo diviene incisivo -ma delicato- folk d’autore, spruzzato qua e là di eco di varia provenienza.
A rimarcare un bel debutto, davvero, in attesa d’un album più ampio che confermi quanto già “Azul” -con o senza caratteri berberi- sa portare all’attenzione e all’ascolto.
Articolo di: Andrea Pedrinelli
Da ascoltare/guardare, “Cruces”:
https://www.youtube.com/watch?v=GxDqgb_71wE