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“Rock, pop, jazz… e non solo” Tinsley Ellis Ice cream in Hell

Tinsley Ellis
Ice Cream in Hell
(Alligator Records / IRD)

Buon blues elettrico e ottimo chitarrismo a tratti anche di bel piglio rock, nel 19° album solista dell’americano di Atlanta Tinsley Ellis, un classe ’57 che debuttò nel 1989 e colpì il grande pubblico con “Storm Warning” del ‘94, ricevendo poi il plauso unanime della critica soprattutto per “Tough Love” di cinque anni orsono.

Grafica Divina

La rentrée di Ellis, a due anni da “Winning Hand”, non è forse al livello del suo capolavoro del 2015, però è appunto un buon disco: qua e là venato d’ironia e sempre attraversato da energia grintosa; un disco reso di qualità anche dal magnifico sound del gruppo di cui il chitarrista si circonda, per quanto il quid in più resti sempre la sua seicorde fragrante, che spazia tra riff interessanti e soli (nitidissimi) di bella qualità.

Sul piano dei contenuti musicali, Ellis in “Ice Cream in Hell” omaggia con personalità, facendone emergere eco ma senza esagerare, i suoi riferimenti: dall’ovvio B.B. King a Santana, da Steve Ray Vaughan a Freddie King sino al gigante della Stax Records Albert King; sul piano contenutistico invece l’artista riesce a cantare alto e basso del vivere, desolazioni e sentimento, senza mai scadere nella retorica di qualsivoglia genere grazie a una certa aggressività e un apprezzabile, spesso maturo, sarcasmo.

Fra i gioielli del CD, che comprende undici inediti tutti firmati Ellis, spiccano l’acida e incisiva “Sit Tight Mama”, l’agrodolce mistura fra ritmo, melodia, fingerpicking e slanci elettrici di “Evil Till Sunrise”, i sette minuti della dolente, magnifica “Your Love’s Like Heroin”, ammaliante pagina soul-blues. Ma vale la pena soffermarsi pure sulla scura, stradaiola e ironica “Dont’ Know Beans”, sul classicismo blues espanso nel rock della solida, tirata, convincente “No Stroll in The Park” (che forse contiene la svisata più spettacolare del disco), sul gran bel blues latino “Everything and Everyone”. Con qualche attenzione anche per un altro pezzo di sette minuti, “Hole in My Heart”, un blues certo classico e “normalmente” doloroso, lavorato però con gusto e la necessaria ispidezza.

In sintesi, un bel ritorno d’un gigante della chitarra blues che sfiora (ma poco) anche mainstream e country, e senz’altro risulta album da provare a valutare per gli amanti del genere.

Articolo di: Andrea Pedrinelli

Da ascoltare/guardare, “Sit Tight Mama”:
https://www.youtube.com/watch?v=a8_fd-eOp4o

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Critico musicale e teatrale, è giornalista dal 1991 e attualmente collabora con Avvenire, Musica Jazz, Scarp de’ tenis, Vinile. Crea format tv e d’incontro-spettacolo, conduce serate culturali, a livello editoriale ha scritto importanti saggi fra cui quelli su Enzo Jannacci, Giorgio Gaber (di cui è il massimo studioso esistente), Claudio Baglioni, Ron, Renato Zero, Vasco Rossi, Susanna Parigi. Ha collaborato con i Pooh, Ezio Bosso, Roberto Cacciapaglia e di recente ha edito anche Canzoni da leggere, da una sua rubrica di prima pagina su Avvenire dedicata alla storia della canzone.

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