Umberto Cinquini dopo il biografico “Sono solo mascheroni” affronta una storia di narrativa che fin dalle prime righe appare sorprendente (perché in netto contrasto con il titolo) e profonda. Filippo di professione fa il “buffone”. Appartiene ad un gruppo che gira per il mondo rievocando la storia di Europa, il suo ratto da parte di Zeus tra balli, salti e seduzione di ragazze locali.
Qui entra in ballo un tema ricorrente del romanzo. Il sesso. Se ne parla molto e di continuo, ma non in maniera gretta e volgare. I protagonisti sono giovani, sono gli anni ’80 e la voglia di divertirsi e scontrarsi coi benpensanti e la borghesia era all’ordine del giorno. Così quando Filippo conosce la bella e ricca Margherita il colpo di fulmine è tanto immediato quanto l’energia sessuale che si sprigiona tra di loro.
Ma forse non si tratta solo di sesso.Filippo viene da una vita tormentata senza genitori, Margherita coi soldi è abituata a comperare di tutto comprese le persone. Però a Filippo il ruolo di giullare privato sta stretto. E’ vero che è un buffone, che il suo scopo nella vita (quasi una missione) è far ridere le persone, perché la felicità è una cura contro tanti mali.
E Margherita ama divertirsi, farsi sorprendere quasi come una bambina che ancora vuol credere a Babbo Natale. Sullo sfondo Firenze, e i dintorni, che avvolge e protegge i due protagonisti e la loro travagliata, profonda e felice storia d’amore.
Perché è ovvio che tra Filippo e Margherita non ci sia solo ginnastica di corpi, ma forse questo loro lo devono ancora scoprire. Un romanzo di formazione, di crescita per tutti i protagonisti che lo costellano. Personaggi vividi e vitali, una scrittura veloce e profonda nello stesso tempo.
Un libro che si legge di corsa seguendo la frenesia che caratterizza la vita dei due protagonisti e ci si commuove. Molto. Una bella, imperdibile, seconda prova da parte di Cinquini.
Articolo di: Luca Ramacciotti