Martino Vercesi 4tet
New Thing
(Alessio Brocca Edizioni Musicali/Music Center)
Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco. Il titolo del quinto album del chitarrista Martino Vercesi non rimanda al celebre concetto di “New Thing” degli anni in cui nasceva il Free Jazz; e dunque stilisticamente nulla c’entra, nella sua nobile esplorazione d’atmosfere mainstream, l’accoppiata del celebre LP della “nuova cosa” Archie Shepp/John Coltrane: per non parlare d’Ornette Coleman, poi. Però.
Però il jazz, chi lo segue lo sa bene, è sempre e per sua stessa natura inesausta ricerca di novità, volo verso frontiere inedite, e quindi anche questa “New Thing” di Vercesi con Rudi Manzoli al sax, Matteo Rebulla alla batteria e Danilo Gallo al contrabbasso è signor jazz “nuovo”, malgrado il titolo del CD rimandi “soltanto” (e auguri!) al neonato figliolo dell’artista, la faccenda più nuova della sua vita.
In “New Thing” Vercesi, classe ’79, ha deciso di proporre sei brani tutti suoi, di lunghezze anche notevoli però mai pleonastiche, con cui fissare su disco il raggiungimento d’un’allure musicale d’atmosfera facilmente comunicabile, ma senza mai rinunciare a che la scrittura sia apribile verso ascolti anche più profondi e oltre l’impatto, grazie a spartiti che si sviluppano in modo colto con criterio, eleganza, gusto.
Il tutto dentro un interplay molto solido, nel quale ogni voce ha spazio e sapore preciso; e, grazie al missaggio, ogni voce si fa anche ben sentire, per ogni passaggio di quello che comunque -ribadiamo- s’avverte come un insieme sempre coeso.
L’esordio del disco, affidato a “First Coffee Break”, pare volutamente più lieve delle pagine successive: il brano comunque ha guizzi ombrosi in mood etereo, e su essi la chitarra punteggia mentre il sassofono graffia. Maggiormente swingato “He Won’t Get Far”, nel quale emergono meglio la sensibilità della batteria e il gusto intelligente delle figure di basso ad affiancare in modo più paritetico un sax apprezzabilmente teso e un bel lavoro chitarristico, sia quand’è ritmico che quando s’inerpica in solismi ricchi di spunti. E su un piano vicino a quello di queste prime due composizioni collocheremmo anche la quinta in scaletta, “Hold On Please”: giocosa, frizzante, lievemente più “easy” dell’insieme ma sempre con presenza di spunti e soprattutto d’un gran bel groove.
I vertici, però, il quartetto e il compositore li toccano, ci pare, negli altri tre brani. “Fanciful Dream” lavora a lungo su un mood estremamente coinvolgente e suggestivo, aprendolo qua e là in modo convincente anche perché il quartetto lo gioca sempre bene nelle (si fa per dire) pause fra un’esposizione e l’altra dei temi cardine. “Old America”, introdotta da un magnifico contrabbasso, è invece ammaliante viaggio di sfumature e tocco su una musica di bellezza struggente, improvvisazioni su essa comprese; mentre “Go Further”, che s’apre con un raffinatissimo gioco di risonanze, è jazz melodico ma coraggioso, a tratti impressionista e non sempre e solo lirico, ora scoppiettante ora meditabondo.
Un jazz insomma che caratterizza al meglio la chitarra, il gruppo e la bella scrittura di un ottimo Martino Vercesi: senz’altro almeno in questo CD da scoprire e godersi allo stereo.
Articolo di: Andrea Pedrinelli
Da ascoltare/guardare, “Go Further”:
https://www.youtube.com/watch?v=Oefz-dmgVAw&list=PLxizgCtJggIYfxa7DpaAB35cUYeF2W0B7&index=4