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Maura Chiulli, l’intervista

Dieci giorni di Maura Chiulli edito da Hacca Edizioni un romanzo intenso, forte, vero come lei. L’abbiamo incontrata ed ecco cosa ci ha raccontato.
Dieci giorni di Maura Chiulli,  libro che parla del corpo, di tanti corpi, diversi, amati e odiati… Quando hai deciso che saresti partita dal corpo? Quanto il tuo corpo parla di te?
Una volta, durata una manciata di anni, sono stata solo corpo. Quella volta in cui ho murato vive le mie emozioni nella fortezza del corpo, sono quasi morta. Sentivo l’angoscia, la trattavo col panico e tantavo di ridurmi a sola materia, perchè intuivo che era nel fluido sanguigno dei sentimenti, che si annidava l’esistenza vera, quella più diffcile da vivere. Oggi il mio corpo è l’indizio di una me, che cresce, che si assume la responsabilità di esplorare la vita, con tutto il carico di responsabilità che essa comporta.

Cos’è per le l’esibizione?

Esibire è fortare fuori, raccontare con il filtro dell’intelligenza. non è mostrare sfacciatamente. E’ trattare un pensiero (artistico  o meno) e restituirlo. Sì, restituirlo all’altro, perchè è dall’incontro con l’altro che nascono le mie idee migliori. L’esilio in noi stessi devia sempre in un pericoloso atteggiamento narcisistico. Quando l’esibizione è grata restituzione, riconoscimento del valore dell’altro, allora perde il suo connotato eccentrico, fastidioso, solitario e autocelebrativo.

Grafica Divina

Qual è il confine dell’intimità?

Crescendo ho imparato a conoscere i miei confini, i miei limiti, i momenti da superare o da rispettare. L’intimità oggi è preziosissima. Quando non conoscevo la donna che sono, delegavo solo all’altro il mio valore e pur di sentire la voce dell’altro raccontarmi, abbandonavo tutto di me, intimità compresa. Questo è stato nel tempo un gesto violento reiterato. Dal percorso fatto (e da proseguire) dentro di me ho imparato con le mie forze a riconoscermi. E’ una strada più difficile, in cui la gratificazione può avere tempi molto più lunghi. Inizo a conoscermi, a sapere chi sono a sentire da sola i miei desideri e a lasciarli vivere e a restituire all’altro un ruolo molto meno decisivo per la mia esistenza. L’intimità è preziosissima adesso ed ha un confine molto netto, che non intendo superare. So chi sono, e fino a quando consegnavo tutto ciò che non sapevo di me all’altro, dimenticavo la verità e delegavo responsabilità.

Come riesci ad entrare in mimesi con i tuoi personaggi e scrivere d realtà tanto differenti le une dalle altre?
Non so dirlo, accade e basta. Parola dopo parola, tra me e i miei personaggi si costruisce, indipendentemente dalla mia volotà, un legame inscindibile. Tommaso, lulù, Gina, Sergio (e tutti i personaggi di “Dieci Giorni”) continuano a esistere. Mi sorprendo a pensarli. talvolta anche ad amarli. Non so dire se in loro ci sia qualcosa di me, ma so con certezza, di avere imparato tantissimo dalle loro vite.
Scrivo e supero i miei limiti, concedendomi spesso emozioni a cui non ho avuto ancora accesso reale. cresco, dico l’indicibile, libero mostri e supero tempeste, questo succede.
Quanta verità c’è nei tuoi romanzi?
C’è ricerca della verità, ma non è detto che io la agguanti. Ma l’aspirazione è questa. In “Rester vivant” (se riscordo bene), Michel Houellebecq -uno dei miei scrittori preferiti- dice profeticamente: “la verità è scandalosa. Ma senza, non c’è nulla che abbia valore. Una visione onesta e ingenua del mondo è di per sé un capolavoro… Man mano che vi avvicinate alla verità, la vostra solitudine aumenta. (…) Affondate il coltello negli argomenti di cui la gente non vuole sentire parlare. Il contrario del decoro. Insistete sulla malattia, l’angoscia, lo squallore. Parlate della morte e dell’oblio. Della gelosia, dell’indifferenza, della frustrazione, dell’assenza di amore. Siate abietti, e sarete veri”. Per me, questo è una specie di comandamento.

Ci parli del tuo rapporto col fuoco?

Il fuoco è connesso al mio desiderio di verità. Il fuoco restituisce vita. Quando sputo fuoco, mi riempio la bocca degli occhi dell’altro, che guarda, che partecipa, che sente e che abbraccia la fiamma che arriva. Non ci sarebbe spettacolo, senza i cuori che battono fuori di me e che aspettano. Il fuoco è purificazione, è gratitudine, è dolore, è desiderio e, come tutte le esperienze di verità, è pericolo.
L’incontro con il fuoco è avvenuto in un momkento particolarissimo della mia vita e non credo sia stato un caso. Stavo deponendo le armi, mi stavo arrendendo a me stessa, stavo lasciando andare il personaggio che avevo cucito ad arte per nascondere le mie fragilità. Ero tornata piccola, una bambina. E il fuoco si è posato. Mi ha insegnato che con l’esercizio si può superare il dolore. Che se si è veri, le fragilità non sono un pericolo. E sono nata, ancora una volta.
Da leggere Dieci giorni di Maura Chiulli
Intervista di: Elena Torre

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