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Via Don Minzoni n.6

Via don Minzoni mn.6. Realizzare un film autobiografico non è facile, e per molti registi è una vera sfida. Lo abbiamo visto recentemente al cinema con The Fabelmans di Steven Spielberg, un ottimo film che il regista aveva già concepito alla fine degli anni ‘90, ma che ha atteso a girare proprio perché il proprio privato è una materia molto difficile da trattare.

Per questo quando ho letto la trama di Via Don Minzoni n.6, del giovane regista Andrea Caciagli, ho avuto un vero e proprio brivido di timore. Mi chiedevo “Caciagli è del 1991, cos’ha di così importante da raccontare da richiedere un film autobiografico?”. Voglio dirlo già da ora, senza aspettare la fine della recensione: mi sbagliavo, e di molto.

Grafica Divina

La trama è all’apparenza abbastanza semplice. Andrea, l’alter ego del regista interpretato da Francesco Gaudiello, è nella casa che fu della nonna, luogo in cui ha trascorso piacevoli momenti della sua infanzia e della sua adolescenza. La nonna, uno dei suoi affetti più cari, è ormai defunta, e la casa è stata messa in vendita: è notte, e al mattino arriveranno i nuovi proprietari per il definitivo passaggio delle chiavi. Questa vicenda, che fa da base a tutto il film, è completamente tratta dalla realtà. Caciagli ha vissuto proprio questa esperienza, e ha deciso di mostrarla agli spettatori in Via Don Minzoni n.6 (nient’altro che l’indirizzo della casa che è al tempo stesso sfondo e protagonista della pellicola).

Ad uno spettatore poco attento potrebbe sembrare che questa “ultima notte” sia solamente un atto di chiusura verso una fase della propria esistenza, una sorta di metafora della cesura che avviene quando si chiude con la giovinezza e ci si avvia sulla salita che conduce all’età adulta. Ci sono tutti gli elementi per vedere in quest’ultima notte una chiusura, una celebrazione luttuosa che unisce l’addio alla casa e alla nonna. Basta pensare che in quelle ultime ore le stanze si riempiono di tanti personaggi, tutti quegli amici che con Andrea hanno condiviso qualcosa tra quelle mura. Si sceglie di tornare alle tradizionali serate insieme alla propria compagnia di amici per dare un lungo saluto prima che arrivi l’alba.

Eppure basta osservare tra le righe per scoprire che in Via Don Minzoni n.6 non c’è solamente un rito di chiusura, ma c’è anche una celebrazione verso il futuro che si sta aprendo. La nostalgia prende possesso di questa singola notte, per poi lasciare spazio al domani, quel domani che potrebbe fare paura ma che è il naturale evolversi della propria vita.

Ecco perché all’inizio di questa recensione vi dicevo che mi sbagliavo, e di grosso anche. In questa autobiografia su pellicola Caciagli ha messo tutta l’esperienza sensibile di chi ha dovuto fare i conti con la nostalgia, trovando sicurezza in un passato che non esiste più e che contrasta con un futuro incerto e nebbioso. Eppure, alla fine, ha dovuto trovare la forza per non voltare più le spalle verso ciò che è stato, e iniziare a osservare ciò che sarà e che potrà essere.

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