I tre mesi appena passati sono stati i più caldi della storia umana. Il rapporto di Copernicus Climate Change Service (C3S) dell’Unione Europea è stato chiaro: la temperatura media globale nei mesi di giugno, luglio e agosto è stata di 16,77°C, superando il precedente record del 2019 di 16,48°C.
Mentre gli eventi estremi continuano, a partire dall’ondata di calore, intervallata da alluvioni, che ancora domina in Europa, è iniziata dal mese in corso la serie di importanti appuntamenti internazionali sul clima.
I leader africani si sono riuniti a Nairobi dal 4 al 6 settembre per l’Africa Summit sul Clima: il primo grande vertice internazionale sul clima ospitato e guidato da leader del Sud globale. È stato colto il potenziale di sviluppo rappresentato dalla transizione verde per l’Africa, puntando sullo sviluppo delle rinnovabili, sono stati lanciati forti appelli per un’azione urgente sul clima, per la mobilitazione degli investimenti pubblici e privati e per un sistema finanziario globale più equo e adatto allo scopo nel XXI secolo.
L’Africa, infatti, pur ospitando il 17% della popolazione mondiale, contribuisce ad appena il 4% delle emissioni globali di gas serra. Eppure, il continente è colpito più di altre regioni del mondo dagli effetti della crisi climatica.
Venerdì 8 settembre, è uscito il UN Global Stocktake synthesis report, in preparazione della COP28, un lavoro durato due anni per valutare i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Esperti, governi e stakeholders hanno valutato centinaia di migliaia di pagine e contributi per varare una delle valutazioni più complete sullo stato dell’azione globale per il clima. Dal report esce fuori con chiarezza che dobbiamo andare molto più veloci ed essere molto più ambiziosi nell’abbattimento delle emissioni se si intende davvero limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, una soglia che già presenta i rischi che tutti vediamo, ma che ci dà speranza di poter adattarci.
Ieri, 10 settembre, si è chiuso il G20 ospitato dal Bharat (India). Nella dichiarazione finale, nonostante la visione della Presidenza e alcuni elementi significativi come l’inclusione dell’Unione Africana nel G20, l’impegno a triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030 e il sostegno alla riforma finanziaria, comprese le banche multilaterali di sviluppo, non si è riusciti a indicare con chiarezza l’obiettivo della diminuzione e della fine dell’uso dei combustibili fossili, causa dell’aumento delle emissioni di gas serra e della crisi climatica solleva preoccupazioni per l’agenda energetica globale che deve essere affrontata entro la COP28. Importante l’annuncio da parte del Presidente di turno, il leader indiamo MODI, di un vertice G20 virtuale poco prima della COP28.
Il 18 e 19 settembre si terrà l’SDGs Summit ONU. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è giunta a metà percorso, ma le promesse fatte sono in grave pericolo. Per la prima volta da decenni, i progressi dello sviluppo si stanno invertendo sotto l’impatto combinato di disastri climatici, conflitti, recessione economica e i persistenti effetti del COVID-19. Il Vertice sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile deve ritrovare lo slancio e la fiducia. I leader mondiali effettueranno una revisione completa dello stato dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), risponderanno all’impatto delle molteplici e interconnesse crisi che il mondo sta affrontando e dovranno individuare azioni trasformative e accelerate che portino davvero a raggiungere gli obiettivi nel 2030.
Il 20 settembre 2023 sarà la volta del Climate Ambition Summit voluto dal Segretario Generale dell’ONU. Guterres vorrebbe che, da parte dei governi, delle imprese, della finanza, delle autorità locali e della società civile, fossero portati fatti concreti per dimostrare che esiste una volontà collettiva globale di accelerare davvero la giusta transizione verso un’economia globale più equa, basata sulle energie rinnovabili e resiliente al clima.
La maratona per il Clima, per quest’anno, si concluderà tra il 30 novembre e il 12 dicembre, con la COP 28 a Dubai. Questa Conferenza ONU per il Clima dovrà fissare un’agenda di azioni precise e concrete per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, cioè limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Il WWF chiede in particolare che decida:
- L’eliminazione di tutti i combustibili fossili e dei loro sussidi, e fissi gli obiettivi per le energie rinnovabili, l’efficienza energetica e l’accesso all’energia.
- Una chiara tabella di marcia dal processo di Global Stocktake su come reimpostare le ambizioni climatiche.
- Uno schema complessivo per raggiungere l’obiettivo globale sull’adattamento e la mobilitazione delle risorse per l’adattamento e la resilienza climatica per le comunità vulnerabili.
- L’operatività del Fondo per le perdite e i danni concordato alla COP27
- Di colmare il gap finanziario raggiungendo finalmente l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno da parte dei Paesi sviluppati.
Il Global Stocktake (GST), il momento di bilancio e verifica previsto ogni cinque anni dall’Accordo di Parigi, si terrà per la prima volta alla COP28.
Molte, naturalmente, anche le mobilitazioni organizzate da società civile e dai giovani, a cominciare da quella dei Fridays For Future del 15 settembre (in Italia il 6 ottobre) e, sempre dal 15 al 17 settembre, diverse iniziative territoriali per chiedere l’uscita dai combustibili fossili. Il 17 settembre, in concomitanza con l’Assemblea Generale dell’ONU, a New York si terrà una marcia per l’uscita dai combustibili fossili.
“Un’agenda davvero intensa per tutti gli attori della transizione, ma in particolare per i Governi –commenta Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia-. Mentre l’Italia si prepara anche ad assumere la presidenza del G7 nel 2024, da parte dell’opinione pubblica e delle tante persone e comunità che stanno già soffrendo le conseguenze della crisi climatica o che sentono la minaccia incombere, sale forte la richiesta di smettere di perdere tempo e di stabilire e procedere con un’agenda concreta che veda contestualmente l’eliminazione dei combustibili fossili e la crescita esponenziale dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Continuare a rimbalzare le responsabilità, ripetere luoghi comuni o discutere ancora con i negazionisti è solo un modo per rinviare, e lo si è fatto per 30 anni. Ora basta, occorre agire in modo celere ed efficace, stabilendo e verificando obiettivi congrui con il fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. E cominciando a misurare e sanzionare le responsabilità dei ritardi. Lo dobbiamo a noi e alle generazioni future”.