Il caffè previene e combatte il morbo di Parkinson
Il Caffè previeme il Parkinson. Il Parkinson è una sindrome extrapiramidale caratterizzata da rigidità muscolare che si manifesta con resistenza ai movimenti passivi e tremore che sorge durante lo stato di riposo. Il senso di rigidità muscolare aumenta in caso di sensazione di ansia e di bradichessia. Ricordo che il mio amico Bruno Lauzi dotato di grande autoironia, affetto da morbo di Parkinson, soleva dire :”Ho il saluto incorporato!”.
Secondo alcuni studi il consumo moderato di caffè e l’attivtà fisica ritarderebbero l’insorgere della malattia. Essendo studi scientifici mi limiterò a una breve descrizione.
Giovanni Defazio docente di neurologia all’Università di Cagliari ha coordinato un ampio studio multicentrico appena pubblicato su Parkinson’s & related disorders cui hanno partecipato anche le Università di Bari, Catania, Roma e Verona oltre all’Albert Einstein College of Medicine di New York, al dipartimento di neurologia dell’ASST Pavia-Voghera e all’IRCCS Neuromed di Pozzilli in uno sforzo collettivo che corona un decennio di studi secondo cui il consumo moderato di caffè (due/tre tazzine die) ritarda l’età di esordio della malattia di Parkinson che, qualora si presenti, ha comunque una sintomatologia meno grave.
Attività fisicca. Ha un effetto benefico una moderata attività fisica quotidiana anche precedente all’esordio della malattia e ne migliorerebbe soprattutto la sintomatologia non motoria come il dolore, incontinenza, ipotensione ortostatica, stipsi, disturbi del sonno, affaticamento, ansia, depressione ecc.
Caffeina come farmaco. Un autore che ha molto studiato gli effetti della caffeina su questa malattia è Ronald Pstuma dell’Università di Montreal secondo il quale il caffè è non solo un fattore protettivo dello sviluppo della malattia, ma agisce come farmaco potenzialmente in grado di ritardarne l’evoluzione una volta che i sintomi si sono manifestati.
Dalle diverse ricerche emerge una plausibilità biologica evidente dal punto di vista epidemiologico secondo cui alcuni fattori, come ad esempio i pesticidi, sono a rischio mentre il caffè e l’attività fisica sono protettivi, ma sembrano esserlo anche il thè la vitamina E o i Fans.
Va ancora capito però come indirizzare l’azione di questi fattori per una migliore riduzione del rischio poichè si è visto che , per la caffeina ad esempio, non tutti i dosaggi sono efficaci allo stesso modo.
Senza voler creare l’impressione che il caffè sia una sorta di panacea neuro-protettiva si può però dire che non solo può prevenire, come indicato negli studi scenticifi, ma anche ritardare l’età di esordio della malattia e, probabilmente, indurre anche a una più lenta evoluzione della sintomatologia motoria.
Articolo di: Marinella Chiorino