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Elisa Caponetti e il suo libro contro la violenza

Elisa Caponetti è un nome molto conosciuto nel mondo della psicoterapia. Perché la voglia di scrivere?

Sono tanti i motivi che mi spingono a scrivere, sicuramente la mia passione per i libri, per le storie umane e per le emozioni ad esse collegate, unite al desiderio di condividere con i lettori la mia esperienza professionale raccontando indirettamente anche qualcosa di me.

Grafica Divina

Elisa Caponetti il suo libro “Vittime di violenza: storie di ordinaria quotidianità” tratta un argomento molto forte. Perché un libro su quest’argomento?

Ho voluto far comprendere che è davvero molto facile ritrovarsi a vivere situazioni di violenza. Attraverso il racconto di storie vere, spero che molte persone, leggendo il libro, possano acquisire maggior consapevolezza in merito alla loro condizione. Ho dato voce a chi ha vinto e ce l’ha fatta, a chi è riuscito a superare pregiudizi e impedimenti di ogni tipo, a chi non ha mai smesso di combattere, con l’auspicio che tutto ciò possa essere un esempio e dare un messaggio di speranza, di incoraggiamento ed incitamento a chiedere aiuto in tutti coloro che stanno affrontando criticità di questo tipo. Spero nel mio piccolo di poter così aiutare le persone a trovare il coraggio di reagire e di affrontare la loro situazione. Si parla spesso di chi muore e non ce la fa. Ho voluto dare un messaggio opposto: dalla violenza si può e si deve uscire!

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Elisa Caponetti

Violenza sulle donne, ma nel suo libro si parla di violenza anche sugli uomini, per caso questa forma è un po’ sottovalutata?

Assolutamente sì! La violenza sugli uomini è più sottile e silenziosa e anch’essa può essere sia psicologica che fisica. Certamente è meno diffusa e il più delle volte meno fisica, ma esiste. Ad oggi, sono davvero poche le ricerche che approfondiscono i tanti episodi di violenza agiti per mano delle donne, anche se le violenze ed i maltrattamenti ci sono e sono molti. Spesso anche solo parlarne sembra essere un tabù, qualcosa di assolutamente inviolabile. La violenza non è un fatto di genere. Bisogna imporsi di affrontare il problema e far capire che è un fenomeno che esiste in entrambi i sessi, nelle diverse culture e classi sociali.Tanti uomini non denunciano in quanto essendo uomini temono non soltanto di non essere creduti ma anche di venire beffeggiati e ridicolizzati. Come se venisse meno la loro virilità. Un uomo che vuole presentare una querela spesso ha paura di essere preso in giro. Per cui dobbiamo tenere presente che molta parte del fenomeno è purtroppo sommersa e che i dati rilevati sono ovviamente soltanto sulla casistica emersa.

Cosa consiglia di fare a chi si trova ad assistere ad un atto di violenza?

Non colludere e denunciare immediatamente! Si può vivere in un contesto in cui si ignora di subire violenza, o al contrario si appoggia e sostiene l’agito violento, a volte addirittura lo si giustifica. Occorre quindi innanzitutto saper riconoscere la violenza, identificarne il pericolo e quindi acquisirne consapevolezza. Condizione centrale per denunciare. Sembra una banalità, ma rendersi conto, tanto da denunciare pubblicamente, che si sta subendo un reato, non è un passaggio per nulla scontato e banale. Inoltre a volte non si vuole mettere in difficoltà il proprio marito o partner. La denuncia è un atto che ha bisogno di consapevolezza, di forza e di sostegno. A volte chi subisce violenza sente di essere solo e di non avere una reale rete di protezione, spesso anche a causa dell’isolamento subito da parte del partner. Denunciare implica il rendere pubblico qualcosa che è vissuto come parte di un mondo privato che riguarda solo il rapporto di coppia, la propria famiglia. Se si vive in un contesto che ignora, che fa finta di non vedere i comportamenti violenti, questo passaggio è ancora più difficile. Può essere molto difficile sottrarsi da una relazione maltrattante qualunque essa sia perché è soltanto dopo che il legame si è formato che la violenza comincia ad emergere, ed essa non sarà mai cronica ma piuttosto intermittente, intervallata da momenti di riconciliazione. La persona maltrattante può̀ essere una persona a prima vista piacevole e piena di apparenti qualità̀, o, al contrario, una persona che si presenta come bisognosa, timida, con sensi di inferiorità̀, in ogni caso capace di suscitare interesse, ammirazione, commozione e senso di protezione da parte della futura vittima. Un rapporto maltrattante nasce con le consuete premesse di una relazione romantica, in cui ciascuno dei due partner cerca un soddisfacimento nell’altro, pur non avendo i prerequisiti di una normale relazione romantica. Proprio perché intermittente, questo tipo di abuso non permette alla vittima, una volta per tutte, di chiarire la natura patologica del rapporto, e saranno necessari a volte anche anni affinché la vittima si decida a separarsi. Un capitolo invece a parte è rappresentato dalle molestie agite sui luoghi di lavoro.

Cosa spinge ad essere violenti?

È necessario fare una premessa per evitare di cadere in facili stereotipi e generalizzazioni: le persone violente non sono tutte uguali e gli agiti violenti vengono esplicitati in una molteplicità di forme e variabili. È un fenomeno estremamente complesso e questo rende difficile poter dare un’unica risposta alla sua domanda. Esistono chiaramente diverse forme di violenza (sessuale, psicologica, i maltrattamenti, gli atti persecutori, la violenza economica, fino ad arrivare all’omicidio volontario). Alcune di queste, creano conseguenze più dannose di altre. Ciò fa comprendere come non sia possibile tracciare un profilo psicologico univoco dell’autore di violenza, pertanto, le cause e le motivazioni vanno ricercate andando ad indagare il caso specifico. La violenza va sempre ricerca individuando i fattori relazionali, storici, culturali, simbolici, psicologici che caratterizzano ogni determinata singola storia e atto di violenza. Esiste inoltre, la violenza all’interno del conflitto di coppia, espressione quindi di una relazione caratterizzata dagli agiti di entrambi i partner, in cui ognuno dei due mette il proprio contributo nel mantenere attiva la conflittualità e che può essere anche molto violenta e a volte mortale.

È possibile chiedere aiuto? Ci sono dei centri che possono bloccare chi ha istinti violenti?

Certamente sì, è possibile e si deve chiedere aiuto ma occorre comprendere che bisogna affrontare la violenza come un fenomeno molto variegato e complesso, spesso difficile da riconoscere nelle sue forme più subdole e apparentemente meno visibili. Questo è un presupposto essenziale. Fare ciò, implica che anche gli interventi devono necessariamente essere complessi, articolati e su più livelli.
È a partire dagli anni 70 che si sono sviluppati nel mondo diversi modelli di trattamento per gli autori di violenza. Allo stato attuale ci sono diverse esperienze in corso (che prevedono percorsi di riabilitazione vari, il centro uomini maltrattanti, ecc.). E sono diversi gli studi in atto. Certamente non è affatto facile ma occorre fare il possibile per tentare la riabilitazione.
Attualmente gli sforzi messi in campo sono molti di più che nel passato ma c’è tanto ancora da fare. Il primo passo è sicuramente la sensibilizzazione e prevenzione sul fenomeno, oltre alla necessità di facilitare le persone nel denunciare facendole sentire meno sole. Occorre poi lavorare per garantire una rete di sostegno ed evitare che come purtroppo ancora spesso accade, anche donne che hanno denunciato, vengano poi uccise.

Si aspettava tutto questo successo per questo libro?

Onestamente no, ma l’ho sperato!

Ha presentato questa sua opera in gran parte d’Italia. Dove vorrebbe presentarlo?

Pur essendo il libro uscito da un anno, la pandemia ancora in atto, ha purtroppo limitato la realizzazione di moltissimi eventi in presenza per cui nei prossimi mesi, spero di poter riprendere a girare l’Italia così da avere un contatto diretto con il lettore. Sono tanti i programmi tv e radio che si occupano di attualità e cronaca e moltissimi sono i presentatori che stimo e che possiedono grande sensibilità e dai quali accoglierei ben volentieri un loro invito. Sicuramente Mara Venier, Silvia Toffanin, Maurizio Costanzo.

Intervista a Elisa Caponetti di Daniela Lombardi

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