In libreria per Giovane Holden Edizioni la nuova preziosa raccolta di racconti “Sono immagini dell’alba” dell’ottima Marisa Cecchetti, che torna a parlare ai suoi lettori e condurli nei luoghi del suo sentire, luoghi protetti dalla distanza del tempo, ma non così tanto da non poter essere raggiunti ed amati.
Marisa in questa intervista ci racconta qualcosa di più, ma il modo migliore di incontrare la sua poetica è leggere le sue pagine che non mancheranno di investirvi di bellezza.
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L’intervista a Marisa Cecchetti
Quando capisci che una raccolta è conclusa?
Questa raccolta comprende un arco temporale che recupera gli anni’70, poi prosegue rapidamente verso i giorni nostri, fino a scandire lo stupore e la paura davanti al dilagare della crisi pandemica ed alle sue conseguenze sui nostri comportamenti. Mi sono fermata lì, quando era diffusa la fiducia nel futuro, quando si era consapevoli del sacrificio che ci era stato richiesto con il confinamento e continuavamo a ripetere che ce l’avremmo fatta. Ho voluto sottolineare quella apertura alla speranza.
Ma in ogni progetto di scrittura sento quale è il confine, dove mi devo fermare.
Quale il filo rosso che annoda i vari racconti di “Sono immagini dell’alba”?
I racconti sono legati dal dipanarsi della vita – c’è una lei presente, sia nella finzione letteraria, sia nella maggiore adesione alla realtà – che porta chi legge dentro quella storia e su quel cammino. Quando ho stabilito l’ordine interno dei racconti ho avuto l’impressione di aver realizzato vari capitoli di un unico romanzo.
E quale che attraversa i tuoi libri/ la tua poetica?
Cerco di non essere distratta. Significa che non voglio perdere ciò che si manifesta intorno a me – luci, colori, profumi, persone, emozioni, piccoli fatti del quotidiano di ognuno di noi che fanno la storia, piccola sì, ma alla base della grande Storia. E’ questo che continuo a fissare, sia nella poesia che nella prosa: l’esserci pienamente nella vita, qui ed ora. Senza sprecarla.
Attesa, assenza, silenzio e vuoto sono alcuni dei temi protagonisti: quanto spazio occupano in te?
Amo il silenzio che accompagna il pensiero sempre in movimento.
Nel silenzio c’è attesa, di qualcuno o di qualcosa. Si mettono in moto i progetti, si attiva la creatività, si fanno scelte. Il silenzio coccola le emozioni, le dilata. La parola pronunciata non è capace di raccontarle, le emozioni; talora le può sminuire. Allora si affidano alla pagina scritta, che viene in aiuto.
Il vuoto – io lo definisco assenza dalla mia vita – mi ha messo a dura prova negli anni. Non è facile accettarlo, quando non dipende da una distanza terrena, ma mi sono educata a conviverci tenendo sempre con me parole, pensiero, immagini, azioni, momenti della persona assente. La Fede mi è di aiuto a convivere con il vuoto-assenza. Ma quando parlo con Dio, glielo ripeto, che questo no, no…
Se invece assenza significa distanza che si può colmare con un viaggio più o meno lungo, può portare solo un po’ di malinconia. Ma la scaccio e sorrido se penso che, sia pur lontano da me, la persona che amo sta bene ed ha la sua parte di gioia.
Che ruolo hanno natura e ricordo?
Siamo il risultato di ciò che siamo stati, in un continuo divenire e trasformarci. Per questo il ricordo è molto vivo nella mia produzione, e si intreccia sempre al presente. Nel passato cerco le mie radici ed allo stesso tempo la motivazione delle scelte e del mio pensiero attuale.
La Natura ha ampio spazio, compare dovunque.
Sono nata in campagna – un casolare in mezzo a vigne, alberi da frutta, prati, coltivi – uno spazio aperto verso il mare, con le Apuane che vedevo dalla mia finestra. Da adulta ho trascorso vari anni su un fondovalle dell’Appennino Tosco Emiliano. C’era la Natura nella sua bellezza e nelle sue asperità.
Anche ora, da dove scrivo, vedo il verde che va verso il Serchio.
Intervista di: Elena Torre