Da poco in libreria per Tea La lunga notte il nuovo romanzo di Leonardo Gori che torna con una nuova avventura di Arcieri, personaggio amatissimo dai lettori.
Di lui il collega Marco Vichi scrive: “Ha grandi doti narrative, i suoi romanzi suscitano emozioni, creano immagini, accompagnano il lettore in un appassionante viaggio nella recente storia del nostro Paese” e noi non possiamo che concordare!
In questa intervista ci racconta qualcosa in più
Quando nasce in te la volontà di aprire “La lunga notte” l’8 settembre del ’43? Che significato ha per te quel momento e per Arcieri?
Avevo voglia di scrivere dell’otto settembre fin da prima di “Nero di maggio”, vent’anni fa. È una di quelle date di svolta della Storia d’Italia in cui davvero tutto è cambiato, le carte sono state sparigliate e quello che è venuto dopo è stato irrimediabilmente diverso dal prima. Eventi come la firma dell’armistizio con gli angloamericani – e la vergognosa fuga del re e di Badoglio – si portano dietro inevitabilmente misteri ancora irrisolti, retroscena, storie su storie, che sono l’alimento principale dei romanzieri. Le avventure di Bruno Arcieri attraversano trent’anni di storia italiana, passano attraverso tutti i buchi neri, seguono il filo di sangue che arriva fino a Piazza Fontana e oltre… Come avrei potuto ignorarle l’otto settembre del 1943? Vado un po’ avanti e indietro, ma piano piano colmerò tutte le caselle vuote.
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In che modo quello che accade fuori si riverbera in Arcieri?
I miei romanzi vengono definiti “gialli storici”, e l’etichetta mi lusinga molto, intendiamoci, ma come ogni semplificazione, descrive solo un aspetto. Con tutto il grande amore che ho per la Storia, la mia passione quasi patologica per la documentazione, lo scrupolo e il rispetto che cerco di avere per gli avvenimenti realmente accaduti e per i protagonisti reali, ciò che mi importa davvero è la credibilità dei personaggi: i loro sentimenti, le loro trasformazioni, gli incontri e gli scontri. “La lunga notte”, forse più dei romanzi precedenti è sotto questo aspetto un romanzo-romanzo. Detto questo, è chiaro che gli avvenimenti della Storia con la “s” maiuscola si riverberano, eccome, nelle storie dei personaggi: non sarebbe possibile fare altrimenti, sarebbero delle figure bidimensionali su uno scenario di cartone…
Realtà e finzione anche in questo libro si intrecciano tanto che viene da chiedere se un “Arcieri” sia realmente esistito…
Ma certo che Bruno esiste! Ci parlo tutti i giorni, mi racconta le sue storie, che mi limito a infiorettare un po’… Sarebbe strano se uno scrittore non sentisse i propri personaggi vivi e vitali, anzi più vivi della vita vera, quella di tutti i giorni. L’ho detto molte volte, ma mi ripeto volentieri: la mia esistenza autentica, quando scrivo, è quella della pagina scritta. Il resto è sogno, accessorio.
Oggi che hai trascorso una vita intera con Arcieri, cosa vorresti ancora per lui?
Voglio ancora un sacco di cose, per Bruno Arcieri. Credo anzi che il meglio stia venendo fuori ora: ci ho messo un po’ di tempo, appena vent’anni, ma solo adesso ho raggiunto il livello che mi prefissavo all’inizio. Le storie e la Storia si amalgamano bene; la scrittura corre più veloce e limpida… Perché dovrei smettere proprio adesso? E poi, che ne sarebbe di tutte le caselle ancora vuote a cui accennavo prima? Restano da raccontare le avventure di Bruno nella seconda metà degli anni Quaranta, nei Cinquanta, e poi tutto il periodo successivo, vino al 1966. Ce ne saranno, di pagine da riempire…
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Intervista di: Elena Torre