Ha trentaquattro anni Kim Ji-Young e trascorre le giornate nell’appartamento alla periferia di Seul che condivide col marito Dae-Hyun e la piccola Jung Ji-Won. Una famiglia qualunque, in un appartamento qualunque di una grande città, una moglie, un marito, una figlia. Il marito lavora, la moglie no. Non più.
Il tempo in cui Kim Ji-Young era una studentessa universitaria…
…e metteva alla prova se stessa in una piccola agenzia pubblicitaria, una delle poche in cui era stata assunta nonostante fosse donna, è così lontano che ciò che ne resta è solo profonda nostalgia. E dolore. E frustrazione. L’8 Settembre 2015 inizia formalmente la deriva di una donna come tante, schiacciata da una cultura patriarcale violenta e misogina, che la costringe al ruolo di moglie e madre senza offrirle alcuna possibilità di riscatto.
Una cultura che riverbera in ambito familiare e induce ad educare i figli diversamente dalle figlie, che serpeggia nella scuola, in cui studenti e studentesse hanno diritti e doveri differenti.
Si insinua senza troppi convenevoli in ambito lavorativo, determinando onori e privilegi ai lavoratori e umiliazioni e intimidazioni alle lavoratrici.
Per tornare di nuovo in ambito familiare, quando il matrimonio e la nascita di un figlio presentano ancora il conto.
Cho Nam-Joo, sceneggiatrice e acclamata romanziera, racconta senza fronzoli la vita di una donna di nome Kim Ji-Young, un nome comune, una vita come tante, resa anonima da un destino tracciato da tempi immemori, un destino al quale solo la follia può restituire un’originalità.
Una lettura che sconvolge perché appartiene ad ogni donna, carta geografica del senso di alienazione profondo e del desiderio di rivendicare la propria individualità.
Di certo non solo in Corea del Sud.
Kim Ji-Young, nata nel 1982
Cho Nam-Joo
Traduzione di Filippo Bernardini
La Tartaruga
Articolo di: Cinzia Ciarmatori
