Apocalisse Sardegna. Un disastro immane che ha azzerato la biodiversità, distrutto interi ecosistemi, carbonizzato boschi secolari, sterminato migliaia di animali: dai mammiferi agli uccelli, dagli insetti agli anfibi e ai rettili. Enormi porzioni di paesaggio sono ormai irriconoscibili. Un disastro immane, per l’agricoltura, la pastorizia e le migliaia di persone coinvolte che ha alla base precise responsabilità umane che si chiamano assenza di cura e manutenzione del territorio (fondamentali per la prevenzione degli incendi) e cambiamento climatico.
Apocalisse Sardegna. WWF: solo il 4% degli incendi è dovuto a cause naturali
“Dobbiamo smettere di pensare ai nostri boschi solo dopo che si verificano immani tragedie come questa, con costosi interventi straordinari o emergenziali. È necessario investire sulla prevenzione attraverso una quotidiana gestione e cura del territorio – ha dichiarato Carmelo Spada, Delegato WWF per la Sardegna . Appena terminata l’emergenza dovranno essere accertate le responsabilità e puniti i colpevoli e si dovranno adottare tutte le misure previste dalla legge per il ripristino dell’ambiente come il divieto di pascolo e di caccia”.
Gli incendi che nelle ultime 48 ore hanno devastato l’oristanese (circa 20 mila gli ettari interessati dal fuoco) non hanno risparmiato nemmeno l’olivastro millenario di Cuglieri, un vero e proprio biglietto da visita per la Sardegna occidentale e i suoi abitanti. Oggi di quel maestoso monumento naturale, colpito dalle fiamme anche perché circondato da erba alta, non restano che rami anneriti e fumanti.
Emergenza incendi nel Mediterraneo
Come emerge dal report WWF “Mediterraneo in fiamme”, l’Italia, con una superficie bruciata media annua di 72.945 ettari, si pone ben al di sopra della media (poco più di 62.000 ettari) ed è terza dietro a Portogallo e Spagna. A fronte di una diminuzione numerica degli incendi, aumenta purtroppo l’estensione delle superfici percorse dal fuoco. In Italia, nel 2020, si sono verificati 7 incendi che hanno coinvolto aree più estese oltre 500 ettari, il più grande dei quali ha bruciato oltre 3.000 ettari nella provincia di Trapani alla fine di agosto. A partire dal 2017 una nuova generazione di incendi è apparsa nell’Europa mediterranea, superando per dimensione e portata i grandi incendi. Si tratta dei mega-incendi, che generano vere e proprie tempeste di fuoco. Dal 1° gennaio e fino al 14 luglio EFFIS (European Forest Fire Information System) ha registrato in Italia in totale 157 incendi con superfice maggiore di 30 ettari, mentre la media annua tra il 2008 e il 2020 si attesta a 66. nello stesso arco di tempo (1/1-14/7) la superfice totale incendiata ammonta a 26.931 ettari.
Incendi dolosi
Gli incendi nella regione mediterranea hanno essenzialmente una componente umana: in media, l’uomo è responsabile del 96% degli incendi, che possono essere accidentali, causati da negligenza o generati intenzionalmente. Solo il 4% degli incendi è dovuto a cause naturali.
Il progressivo abbandono delle aree rurali e il conseguente recupero della vegetazione spontanea creano condizioni estremamente favorevoli al diffondersi delle fiamme.
L’aumento degli usi non agricoli dello spazio rurale – ricreazione, trasporto, vacanza, sub-urbanizzazione – facilitano l’innesco di fuochi accidentali e non. La presenza di una radicata “cultura del fuoco” diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo a causa della quale la gente usa bruciare per “gestire” i campi, o la fiamma per cucinare all’aperto. Determinante è inoltre l l’aumento significativo delle temperature medie globali provocate dal cambiamento climatico.
Clima e incendi
La maggiore incidenza di fenomeni climatici estremi – dovuti al cambiamento climatico – interagisce con i cambiamenti socio-economici e con l’uso del suolo in Italia e in tutto il Mediterraneo. In Italia il patrimonio forestale costituisce il 35% del territorio nazionale e svolge importanti servizi ecosistemici a favore della collettività, come la tutela idrogeologica, la capacità di assorbimento di carbonio dall’atmosfera, la conservazione della biodiversità, lo svolgimento di attività turistico-ricreative. In Europa si stimano in circa 3 miliardi di euro l’anno i danni prodotti dagli incendi boschivi. Gli scenari climatici definiti dal Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC) dimostrano come in Italia, in conseguenza dell’innalzamento della temperatura media, dell’allungamento di periodi siccitosi e della diminuzione di precipitazioni durante l’anno, è previsto un aumento del rischio incendi. I fattori climatici aumentano il rischio incendi amplificando e rafforzando gli effetti dovuti alla cattiva gestione del territorio. Sempre il CMCC prevede nel nostro paese, nei prossimi decenni, un incremento del rischio incendi superiore al 20% in tutti gli scenari climatici e un allungamento della stagione degli incendi compreso tra 20 e 40 giorni. Questi fenomeni potranno determinare in Italia un aumento delle superfici percorse da incendi compreso tra il 21% e il 43% a seconda dello scenario considerato.
Le 5 raccomandazioni del WWF per ridurre il rischio e l’incidenza degli incendi nel bacino del Mediterraneo
1. RIDURRE L’ALTO TASSO DI INCIDENTI E PORRE FINE ALL’IMPUNITÀ attraverso la prevenzione e le condanne agli incendiari.
2. RIDURRE L’INFIAMMABILITÀ DEL PAESAGGIO attraverso piani di prevenzione efficaci e la mappatura delle aree a rischio.
3. MIGLIORARE LE CAPACITÀ DI DIFESA CIVILE, attraverso il miglioramento del coordinamento delle emergenze e l’educazione alla cultura del rischio.
4. MIGLIORARE LA GOVERNANCE DELLA GESTIONE DEGLI INCENDI, potenziando il coordinamento della prevenzione e della soppressione.
5. CONTRASTARE EFFICACEMENTE LA CRISI CLIMATICA, riducendo le emissioni di gas serra e aumentando la capacità di assorbimento di foreste e altri ecosistemi. Le istituzioni devono accelerare la transizione energetica verso un futuro senza combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) con politiche che spingano in modo molto più ambizioso le energie rinnovabili assieme a risparmio ed efficienza energetica. Bisogna inoltre varare finalmente il Piano Nazionale di Adattamento, nonché i piani Regionali.