Home Da conoscere “Pop, Rock, Jazz… e non solo” Bebo Ferra #JazzVsCorona

“Pop, Rock, Jazz… e non solo” Bebo Ferra #JazzVsCorona

Bebo Ferra #JazzVsCorona – Vol. 1
(Barnum For Art)

Registrato tra marzo e maggio durante il (primo) lockdown, questo magnifico disco di tutte chitarre o quasi è un’occasione da non mancare: perché oltre che attutire le paure di questa seconda ondata in corso del Covid, il jazz del grande chitarrista Bebo Ferra il Covid lo sconfigge sonoramente. Aprendoci l’anima, accarezzandoci, curandoci davvero fra scuotimenti e commozione.

Grafica Divina

Insomma è un regalo d’artista, e purissimo, questo “#JazzVsCorona” che forse prelude a un secondo episodio, visto che reca a sottotitolo “Volume uno” e che di brani Ferra nel (primo) lockdown ne ha pensati, arrangiati, incisi ben 51 ma qui ne figurano “soltanto” quindici: dentro però una scelta davvero magnifica per qualità e varietà delle proposte, da Strayhorn a Carlo Alberto Rossi, tutte rilette con tocco maiuscolo, virtuosismo educato mai sopra le righe o inutilmente vorticoso, in bella alternanza anche di diverse sonorità provenienti da diverse sei corde.

A parte un canto popolare, “Bella ciao”, inciso per celebrare da remoto il Primo Maggio coinvolgendo Paolo Fresu al flicorno, Rita Marcotulli al pianoforte, Marco Decimo al violoncello e Sergio Sgrilli voce recitante – per una rivisitazione di classe, moderna, sfiziosa – la “battaglia” del jazz di Ferra contro il Covid-19 è condotta appunto alla sola sei corde. Ed è difficile, segnalare dalla tracklist del lavoro cosa sia più emozionante, intrigante o riuscito.
Diciamo dunque, in primis, che i brani originali di Ferra stesso non deludono: è un delicatissimo gioiello di sviluppo colto e intelligente “Paoletta”, è frastagliata di classe sorridente e misurata “A Nice Day”. Poi si va dalla resa di vaglia e sensibile data al tema di “Gran Torino” firmato da Clint Eastwood sino a una strepitosa “You Must Believe In Spring” di Michel Legrand, punteggiata con raffinatezza e vissuta in profondità con tocchi di gran chitarrismo.

Ma non si possono non citare anche una ruvida e dolce “Very Early” di Evans, la parentesi quasi colta per fini intenditori “A diosa – No potho reposare”, l’intima e struggente “Waltz For Debby” (sempre di Bill Evans), una sospesa e poco ovvia “E se domani”, la rilettura sapiente dell’alta “Prelude To A Kiss” di Duke Ellington, la fascinosissima spoliazione d’un’inattesa “Moonchild” che viene nientemeno che dal repertorio dei King Crimson.

Perché la musica, si sa, non ha frontiere, è balsamo, terapia, spunto per conoscere e conoscerci, capire e imparare. E Bebo Ferra, regalandoci questo suo viaggio di gusto e anima, ce lo conferma una volta di più. Certo anche “vincendo” (4-0? 6-0? Fate voi…) sulle ombre e le ferite lasciateci nell’anima da questa comune, spossante, tragica battaglia con il Coronavirus. Perché dobbiamo sempre credere in una primavera, ci dice Ferra volutamente in chiusa al CD col titolo del brano di Legrand, unico inciso in uno studio vero a fine (primo) lockdown: e nulla più dell’arte -checché ne pensino il governo e i suoi Dpcm – può aiutare le persone, il Paese, il mondo, a tornarci, dentro una primavera senza pandemia e con le anime non solo segnate, ma anche rafforzate dall’esperienza vissuta. Ché se viviamo la pandemia chiudendo le porte all’arte, sarà dura avere in noi i semi giusti per poterci ripensare e per, davvero, ripartire quando tutto sarà finito.

Articolo di: Andrea Pedrinelli

Da ascoltare/guardare, “Gran Torino”
https://www.youtube.com/watch?v=pHdkkDvphhk

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Critico musicale e teatrale, è giornalista dal 1991 e attualmente collabora con Avvenire, Musica Jazz, Scarp de’ tenis, Vinile. Crea format tv e d’incontro-spettacolo, conduce serate culturali, a livello editoriale ha scritto importanti saggi fra cui quelli su Enzo Jannacci, Giorgio Gaber (di cui è il massimo studioso esistente), Claudio Baglioni, Ron, Renato Zero, Vasco Rossi, Susanna Parigi. Ha collaborato con i Pooh, Ezio Bosso, Roberto Cacciapaglia e di recente ha edito anche Canzoni da leggere, da una sua rubrica di prima pagina su Avvenire dedicata alla storia della canzone.

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