Da poco in libreria per TEA La scia nera un’antologia per dire basta alla violenza sulle donne. Il curatore è Marco Vichi che in questa intervista c’è ne parla.
Trenta scrittori e scrittrici italiane e due illustratori uniti per raccontare la violenza contro le donne. Come li hai scelti?
Ho subito chiesto agli amici scrittori, e hanno aderito tutti con grande convinzione, come del resto mi aspettavo. Ho cercato anche di mettere insieme ai grandi nomi dei giovani esordienti. Lasensibilità verso questo argomento è molto forte, anche perché purtroppo sembra un incubo senza fine: l’8 marzo, due donne uccise.
Tra le pagine trova posto non solo la violenza fisica…
La violenza non visibile, quella sottile, psicologica, culturale, sociale, strisciante, è assai pericolosa, e a volte fa più male. È l’annullamento di una persona, la prigionia mentale, la demolizione dell’auto stima. Questo tipo di violenza è anche meno “denunciabile”, perché non ci sono lividi da riportare sui verbali di Polizia, e spesso sembra che certi equilibri di coppia siano normali.
Quale l’intento di questa pubblicazione?
Raccontare l’argomento, illuminarlo da vicino, continuare a parlarne e parlarne e parlarne, mettere di fronte ai lettori situazioni che magari riconoscono intorno a loro, senza averne ancora decifrato la gravità. È vero che chi legge ha già molti strumenti per difendersi dai “prodotti” peggiori dell’umanità, ma non si sa mai. La cosa certa è che questa situazione potrà cambiare solo per una trasformazione culturale. Le leggi possono arrivare fino a un certo punto. La cultura di molti è: la moglie è mia, la famiglia è mia, nessuno deve metterci il becco, nemmeno se alzo le mani, nemmeno arriva il sangue. E poi arriva l’atto finale.
I proventi saranno devoluti all’Associazione Artemisia di Firenze, cosa fanno e come ci sei entrato in contatto?
Artemisia è un centro antiviolenza nato vent’anni fa che si occupa di aiutare, sostenere e seguire le donne e i bambini che subiscono o hanno subito violenza di ogni tipo, dunque in un momento drammatico, di solitudine, di paura, di disorientamento. Ma si occupano ovviamente anche di informare, di formare, di sensibilizzare le persone sull’argomento. Andate a trovarli sul loro sito www.artemisiacentroantiviolenza.it
L’educazione civica passa anche attraverso un’antologia?
La letteratura, la narrativa, il teatro, il cinema, la pittura, la danza, e ogni altro genere di espressione umana, danno all’uomo la possibilità di specchiarsi, dunque di conoscersi un po’ meglio, di difendersi meglio dai lati peggiori di se stessi, di orientarsi meglio nella selva oscura dei sentimenti, che poi determinano anche le scelte e i comportamenti. Dunque spero che l’antologia La scia nera, oltre che a finanziare con denaro l’Associazione Artemisia, contribuisca anche a tenere vivo questo “specchio”.
Ci sono racconti che ti hanno spiazzato?
Potrei fare una battuta, dicendo che a spiazzarmi è stato il mio… ma alla fine è davvero così e devo spiegare meglio. A me piace scrivere su commissione, “prigioniero” di un argomento preciso, perché ogni volta affronto una sfida: devo riuscire a evadere dalla gabbia senza rinunciare a me stesso, senza abbandonarmi al mestiere, lasciando che a guidarmi sia la passione per la scrittura, cioè quel percorso di conoscenza che fa accadere dentro di me “qualcosa” che mi fa cambiare, magari anche di una virgola che solo io posso riconoscere, ma prima e dopo non devo essere la stessa persona. È la stessa cosa che, da lettore, chiedo ai libri che leggo. Scrivendo appunto il mio racconto, ho scoperto altre cose di me, ho illuminato altri angoli oscuri, mi sono conosciuto meglio… ma nessuno deve pensare di leggere il racconto e di capire cosa ho scoperto di me, perché non ha nulla a che vedere con la storia e con l’argomento. Posso saperlo soltanto io, e non mi sarebbe nemmeno facile raccontarlo.
C’è un punto di vista tra le pagine che ti ha fatto riflettere più di altri?
Legando la risposta anche alla domanda precedente, è vero che alcuni racconti mi hanno spiazzato, mettendomi di fronte a una mentalità che anche io ho attraversato in gioventù, senza alcuna consapevolezza. Sono cresciuto in un mondo maschilista che poi si è parzialmente trasformato, e ho vissuto questa fase sulla mia pelle. Sono contento di essere stato capace di affrontare il cambiamento.
Cosa vorresti per e con questo libro?
La speranza, come ho scritto nel risvolto di copertina, è che possa dare alle persone “a rischio” (maschi e femmine, sui due fronti apposti) la possibilità di specchiarsi, di riconoscersi, di svegliarsi, di evitare il peggio: gli uomini evitando di usare violenza, le donne riconoscendo la propria situazione e capendo che non è “normale” continuare a subirla. E per il libro vorrei milioni di copie vendute, cioè molti soldi per chi si occupa di medicare questa piaga.
Intervista di: Elena Torre