Intervista a Carmelo Nicolosi De Luca
Autore de “La congiura del monaci maledetti”, Newton Compton Editori, euro 10
Per oltre vent’anni la tua penna per i grandi giornali nazionali ha raccontato storie da tutto il mondo. Europa, Asia, Africa, America, Medio Oriente, ma come scrittore hai deciso diraccontare il nostro Paese, ne “L’Italia degli inganni”, per i tipi della “Nuova Ipsa Editore, come mai?
“L’Italia è il Paese dove sono nato e dove ho deciso di vivere, una nazione che conta molti santi della Chiesa, ma che non può essere definito un Paese di santi. Ho dedicato “L’Italia degliA chi ama la verità”, in particolare alle nuove generazioni che non hanno avuto modo di conoscere, se non in modo improprio e spesso falsate, molte parti della storia d’Italia, anche recenti,intrise di intrighi, tradimenti, scandali, delitti, depistaggi, stragi impunite, processi imbarazzanti, intrallazzi. Come ha titolato un quotidiano italiano “La storia d’Italia mai scritta”. Un atto di coscienza, convinto che solo dalla memoria di un passato non mistificato è possibile lottare per una svolta vera, non illusoria, di un Paese”.
La tua passione per il thriller quando nasce?
“Fin da giovanissimo. Da quando ricercavo e assaporavo la lettura di grandi giallisti come Raymond Chandler, Mickey Spillane, Rex Stout, Peter Cheyney, che davano vita, in modo coinvolgente, a personaggi come Lemmy Caution, lo sprezzante, spericolato, divertente, agente dell’FBI, o come il cocciuto investigatore privato Slim Callagan, storie che mi tenevano incollato alle pagine. Mi dissi che doveva essere un piacere scrivere trame intriganti, che magari guardassero al passato. Purtroppo, il quotidiano lavoro giornalistico, per molti anni, non mi ha concesso respiro, finché non ho deciso di cambiare un po’ la mia vita e concedermi tempo per le cose che volevo fare, ma che non avevo mai avuto la possibilità di fare. E così nacque “L’intrigo parallelo” il libro che amo di più, e sul quale, con molta sincerità, non mi aspettavo tanta benevola attenzione da parte della critica. I diritti sono stati ora acquistati da Newton Compton per la sua riedizione”.
Nel tuo ultimo libro pubblicato, “La congiura dei monaci maledetti”, troneggia la figura di Savonarola. Approfondendo la sua vita che idea ti sei fatto?
“Di una personalità che affascina, immensa e, purtroppo, trascurata nel tempo. Un frate di una forza e fede sconfinata, che per amore della Chiesa si oppone alle malefatte di papa Clemente VI, al secolo Rodrigo Borgia, e paga con la morte le scomode verità. Mi convinsi che il suo pensiero, ancora attuale e poco conosciuto, andasse riproposto. Ma come? Non certo con la solita biografia postuma, ma qualcosa che potesse coinvolgere nella lettura. Pensai a un thriller. E fu la carta vincente. Impiantato ai giorni nostri, si impasta con il passato. Mi recai a Firenze, incontrai domenicani del monastero di San Marco, dove Girolamo Savonarola fu abate nella seconda metà del Quattrocento, visitai i luoghi della vicenda e, passo passo, nacque “La congiura dei monaci maledetti”, definito il caso editoriale dell’anno, un giallo complesso, una vicenda incredibile agliocchi degli investigatori, gli stessi che indagarono nella vicenda de “L’Intrigo Parallelo” e chedimostrano, ancora una volta, la propria acutezza di pensiero, che li porta, infine, a capire chi muove i fili di una vicenda che affonda le sue radici in tempi lontanissimi. La mia soddisfazione? Che migliaia e migliaia di persone si sono ritrovati, attraverso un giallo, a “risentire”, a distanza di 500 anni, la voce del grande monaco”.
In che modo ti ha arricchito la sua stesura?
“Ha convalidato la mia conclusione che non bisogna mai arretrare davanti a un sogno di lotta, a non lasciare il passo a chi non lo merita, a non cadere nella tentazione del compromesso”.
A cosa ti stai dedicando oggi?
“Ho posto da poco, sempre per i tipi della “Newton Compton Editori”, la parola fine a un altro lavoro. Non è stato facile affrontare le ricerche che lo sostengono, in Italia e in Portogallo. Il personaggio principale, come nei libri precedenti, è sempre l’irriverente vicequestore Barraco, capo della squadra mobile di Palermo. Un thriller che, partendo dal presente, si proietta nel passato, ai tempi di Enrico il Navigatore. Circa 400 pagine di misteri insoluti, che solo nell’ultimo capitolo trovano soluzione”. E poiché, confesso, mi viene difficile stare lontano dalla tastiera del computer, ho iniziato un nuovo thriller… ma avremo modo di parlarne”.
Intervista di: Elena Torre