Carlo Scafuri è uno studioso ed esperto di bonsai, ma soprattutto è un appassionato nel senso più immenso di questo termine. Eccellente fotografo da sempre si occupa di tutto ciò che riguarda il mondo artistico orientale.
La prima volta che hai sentito parlare di bonsai o ne hai visto uno.
Avevo circa 11 anni. Un giorno mio padre tornò a casa con un libro di bonsai scritto da Remy Samson, e sulla cui copertina c’era la foto di un magnifico bonsai di pino pentaphilla. Fu amore a prima vista.
Sgombriamo subito il campo da un luogo comune. La pianta soffre nel rimanere in quelle “dimensioni”.
Assolutamente no. Il bonsaista non fa altro che sfruttare il principio di adattamento degli alberi all’ambiente in cui crescono. Anzi, grazie alle cure continue ed attente del bonsaista, un albero bonsai è molto più longevo del suo equivalente in natura. In Giappone il bonsai è tramandato di padre in figlio, di generazione in generazione, e nelle famiglie più tradizionali, ne rappresenta lo spirito stesso.
Come, secondo te, ci si approccia a questa arte? Con quale spirito?
L’arte del bonsai è disciplina, è percorso. Il bonsai è un silenzioso insegnante. Con lo scorrere dei giorni diviene la versione speculare di ciò che siamo. A patto di essere sinceri con noi stessi, possiamo scoprire in essa i nostri difetti ed i nostri pregi, le nostre indecisioni e le nostre certezze. Il bonsai è compassione, è perdono. Se col passare del tempo scopriamo di aver fatto degli errori, ed abbiamo la serenità giusta per accettarli, possiamo ritornare sui nostri passi e correggerli. Il bonsai è maestro di umiltà, è virtuosa simbiosi. Ci insegna a vivere il presente senza rincorrere l’illusione del futuro, ma mostrandoci che è solo ciò che facciamo oggi che costruisce il domani. Nel momento stesso in cui inizia ad appartenerci, comincia la nostra educazione, la nostra evoluzione come uomini. Il bonsai è armonia… è amore.
Una persona che vuole iniziare lo studio di questa arte che passi deve compiere? Come scegliere il giusto insegnante?
Un detto zen recita “il maestro compare quando l’allievo è pronto”. Cosa voglio dire con questo? Semplicemente che agli inizi ogni appassionato che ne sa un po’ più di noi, ai nostri occhi sembra Il Maestro… ma non è affatto così, anche perché nel nostro settore è un attimo improvvisarsi Istruttori, Esperti e Maestri. Io credo molto nel potenziale delle associazioni. Far parte di una di esse, iniziare a muovere i primi passi (con pazienza!!!) al suo interno, ascoltare i consigli dei soci più “disinteressati”, offre nel tempo al neofita la possibilità di comprendere da solo a chi “affidarsi” per intraprendente un percorso più elaborato, costruttivo e soddisfacente.
Il tuo modo di vedere l’arte del bonsai.
Per me praticare il bonsai vuol dire essenzialmente fare ritorno alla dimensione del “qui ed ora”. Il bonsai, coi suoi tempi scanditi dall’evolversi delle stagioni, ci ricorda quanto effimera ed impermanente sia in realtà la vita. Seguire ritmi frenetici ed alienanti, rincorrendo obiettivi di volta in volta più lontani, annulla di fatto la nostra stessa esistenza. Fare ritorno ad uno stile, ad un ritmo di vita più “naturale”, grazie al quale poter godere davvero delle piccole grandi cose che ci circondano, è il primo grande insegnamento del bonsai.
L’arte del bonsai sta seguendo delle mode? Dei cambiamenti?
L’arte bonsai è in continuo mutamento, perché è l’uomo che muta di generazione in generazione. Se questo è un bene per certi versi, per altri non lo è. Le mode passeggere, influenzate specialmente dal mercato e da fattori socio-economici contingenti, tendono a snaturare ciò che è il vero spirito del bonsai. L’appellativo con il quale oggi si identifica il bonsai è “materiale”, e questo dice tutto sul rapporto uomo-albero che l’appassionato di turno instaura col proprio esemplare di albero bonsai.
Secondo te osservando un bonsai questo cosa deve comunicare?
Il Maestro Zen Daisetz T. Suzuki affermava che “la bellezza non è nella forma ma nel significato che essa esprime”, ed è questa una frase che ha da sempre inspirato il mio modo di praticare il bonsai. Il nostro alberello deve arrivare a comunicarci le stesse emozioni che trasmettono i suoi fratelli maggiori in natura, prima su tutte la serenità, quello stato di armonia che istintivamente ritroviamo a contatto con la natura. Per arrivare a ciò, per far in modo che la natura si palesi attraversi il bonsai, il bonsaista deve annullare il proprio ego, ed è questa la sfida (che è al contempo insegnamento) può ardua da superare.
Studiare l’arte del bonsai cosa apporta al nostro essere occidentali.
Per mezzo del bonsai, veniamo educati al “bello”, riuscendolo ad apprezzare attraverso mille sfaccettature. Più passa il tempo, più i nostri occhi tornano ad essere come quelli dei bambini, volti semplicemente all’essenziale, liberi da sovrastrutture, modelli e schemi a noi imposti da una società che ci vuole sempre più alienati ed infelici. Se praticata come una sorta di disciplina, l’arte bonsai ha il potere di farci riscoprire il nostro vero Io attraverso un percorso evolutivo – esteriore per l’albero ma interiore per noi – in cui non è importante la meta ma solo il viaggio affrontato giorno dopo giorno.
Foto di: Fabio Canneta
Intervista di: Luca Ramacciotti