Se gli Aqua cantavano “Back To The 80´s” con un elenco dei miti musicali, sociali e cinematografici di quegli anni, Enrico Brizzi con “Tu che sei di me la miglior parte” ci porta all’Italia degli anni ‘80, a Bologna, attraverso la vita di Tommaso (Tommy) Bandiera. Iniziamo a seguirlo durante le medie, orfano di padre, affiancato dalla famiglia della madre tra cui spicca lo zio Ianez (nomen omen) che sarà uno dei primi grandi a deluderlo perché il nostro protagonista nel tentativo di crescere e dimostrarsi adulto spesso ha modi di fare e reagire molto infantili.
Poi c’è lei Ester la ragazza che gli entra nel cuore, nell’immaginario. E c’è Raul il classico affascinante bullo maledetto che detta legge e tendenza a scuola. Raul diviene il migliore amico di Tommy e il ragazzo di Ester. E se certi modi di fare alle medie si possono quasi tollerare, cambia il discorso alle scuole superiori e quando si inizia a crescere.
Tra partite di pallone con curve folleggianti e bombe carta, citazioni di manga, prodotti di bellezza, di moda, di tendenza (dal paninaro al punk) per chi quegli anni li ha vissuti è un “ah è vero c’era anche questo me lo ero scordato” mentre per i più giovani è uno spaccato di un’Italia, di una società italiana, scomparsa e talmente distante da noi da sembrare la descrizione di secoli fa.
Brizzi ha un taglio di scrittura cinematografico che incolla il lettore, che pienamente fa immaginare il protagonista, gli amici, Selva, Athos, Aribò, la legge del gruppo, le violenze del branco, le lealtà verso cose e persone che al momento sembrano importantissime davanti ad una società adulta che si occupa di loro solo quando il danno è già fatto.
Un romanzo bellissimo, un romanzo di formazione, di educazione sentimentale, di prove da superare per diventare grandi, un romanzo sicuramente molto autobiografico per Brizzi che quegli anni li ha vissuti proprio da adolescente (è classe ‘74 lui).
Un “mi ricordo” velato di nostalgia e a volte di stupore per una società che pareva padrona del mondo e del proprio destino.