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The Effect in scena alla Sala Umberto a Roma

ALESSANDRO FEDERICO ALESSIA GIANGIULIANI SARA PUTIGNANO GIUSEPPE TANTILLO

THE EFFECT
DI LUCY PREBBLE
TRADUZIONE DI ANDREA PEGHINELLI

Grafica Divina

REGIA
SILVIO PERONI
scene: Katia Titolo
luci: Omar Scala
video: Luca Ercoli
aiuto regia: Claudio Basilico
Produzione: Pierfrancesco Pisani – Progetto Goldstein – Ass. Capotave
con il sostegno di Kilowatt Festival

17 – 29 APRILE 2018

“Per studiare gli animali, possiamo utilizzare un laboratorio.
Per studiare gli esseri umani, possiamo andare a teatro.”

Con questo testo, Lucy Prebble, autrice anglosassone pluripremiata, si pone il dilemma esistenziale posto da Shakespeare in Amleto e da Oliver Sacks ne L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello: Cos’è che ci rende noi stessi?
The Effect è uno spettacolo a quattro personaggi che parla di amore, di depressione e dei limiti della neuroscienza; un testo impegnativo, divertente e straziante ambientato durante la sperimentazione clinica di un nuovo antidepressivo.
In un’elegante clinica dove si fanno esperimenti farmaceutici su volontari a pagamento, Connie e Tristan sono due cavie da laboratorio sotto la supervisione della dottoressa Lorna James la quale – a differenza del soave Toby, il direttore dell’esperimento e suo ex amante – non crede che la depressione sia uno squilibrio chimico del cervello e che possa essere curata con i farmaci. Forse Lorna pensa che le persone depresse abbiano solo una visione più profonda del mondo, di se stessi e della vita?
Con l’avanzare del racconto le due cavie umane assumono dosaggi farmaceutici sempre più elevati, ma sfuggendo al controllo dei medici si innamorano. Quello di cui non sono certi, però, è se questa loro passione sia frutto dell’istinto o sia invece frutto degli effetti della dopamina.
«Come posso capire la differenza tra chi sono e dall’effetto collaterale», dichiara Tristan quando Connie si preoccupa che la loro passione potrebbe essere, unicamente, il risultato dell’assunzione dei farmaci. Ma, naturalmente, tutto l’amore è una droga; come possiamo fidarci veramente dei nostri sentimenti? The Effect è un dramma nodoso, che si occupa di oggettività scientifica, di senso di colpa, dei misteri del cuore e del cervello umano e di “ciò che ci rende quello che siamo”, celato in una forma ingannevolmente semplice e costantemente divertente. Un testo che sa miscelare un linguaggio carnale e temperato con la tenerezza e l’ironia.

La versione inglese ha debuttato al National Theatre, Cottesloe di Londra il 13 novembre 2012; lo stesso anno l’opera ha vinto il Critics’ Circle Award come Best New Play.
La regia è tesa a far emergere le storie e i conflitti dei quattro protagonisti attraverso un gioco teatrale scevro da “effetti”. Vuole far affiorare l’elemento tragico in sé.
Un lavoro incentrato sugli attori, sulla capacità di raccontare e sulla relazione che si dovrebbe stabilire fra autore, attore e spettatore; un triangolo comunicativo che pone l’accento sul messaggio del testo e sulle immagini emotive che le parole del testo ricreano. Un tipo di teatro che si potrebbe definire “teatro di parola”, un modo teatrale che non ha mai trovato una vera e propria collocazione di “genere”. Forse l’unica definizione la si può trovare nel Manifesto per un nuovo teatro di Pierpaolo Pasolini; una delle questioni evidenziate da Pasolini nel manifesto è, appunto, sulla precarietà del messaggio nel teatro “canonico”: «Pensiamo ad esempio di andare a vedere la prima di Otello, ciò che risulterà più evidente dello spettacolo sarà la recitazione degli attori, la visione del regista, la bellezza della scenografia, ma probabilmente il pubblico non rifletterà a pieno sul messaggio reale a cui si è ispirato Shakespeare, basterà dire di aver visto una gran bella rappresentazione». Il messaggio quindi perde di valore nel momento in cui viene focalizzata l’attenzione sulla spettacolarità della rappresentazione e progressivamente si perde anche l’attitudine nel riflettere sul perché si è scelto di mettere in scena un determinato testo. L’urgenza di comunicare un messaggio viene relegata ad una dimensione meramente estetica. Viene meno dunque la riflessione che il pubblico dovrebbe fare al termine di ogni spettacolo, che esuli da una prima analisi tecnica o qualitativa. Il pubblico infatti è la finalità ultima e centrale, perché è proprio a quest’ultimo che il teatro – e chi lo fa – dovrebbe rivolgersi.
Sara Putignano
Nata a Taranto nel 1986. Nel 2010 si diploma all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio d’Amico; durante il triennio accademico partecipa ai seminari diretti da Eimuntas Nekrosius, Nicolaj Karpov, Lilo Baur e Michele Placido. Nel 2009 è in scena con lo spettacolo L’impresario delle canarie, per la regia di Lorenzo Salveti, presentato alla Biennale di Venezia. Si diploma con un doppio saggio, uno diretto da Valerio Binasco, l’altro da Luca Ronconi. Negli anni successivi continua la sua formazione presso il Centro di Ricerca Teatrale Santa Cristina diretto da Luca Ronconi. Successivamente è in scena con due spettacoli prodotti da Bluteatro – di cui è socia fondatrice – e diretti da Luca Bargagna: Le Nuvole di Aristofane e La bottega del caffè di Goldoni.
E poi la volta de Gli innamorati immaginari, regia di Leonardo Petrillo e di In cerca d’autore di Pirandello, regia di Luca Ronconi. Lavora con Massimiliano Farau, (Lungs), Carmelo Rifici (Visita al Padre di Roland Schimmelpfenning) e Fausto Paravidino, anche autore del testo, (I Vicini) e con Luca Bargagna (Verso occidente l’impero dirige il suo corso, di David Foster Wallace).
Per il cinema partecipa nel 2008 a Il grande sogno, regia Michele Placido e, nel 2010, al documentario Caravaggio, il corpo ritrovato, regia di Marco Visalberghi. Nel 2012 è protagonista del corto Sconosciuti di Tommaso Landucci e recita nel film La dolce arte di esistere regia Pietro Reggiani; nel 2014 è coprotagonista nel film Ambo regia di Pierluigi Di Lallo.

Silvio Peroni
Nato il 15 agosto 1977 a Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova, vive e lavora a Roma. Regista teatrale e direttore artistico di Festival e rassegne culturali. Esordisce come regista a 22 anni. Negli anni realizza la regia di spettacoli e di letture poetiche debuttando in numerosi festival nazionali e curando l’allestimento di spettacoli nelle maggiori piazze nazionali. Ha diretto artisti come Elio Germano, Isabella Ragonese, Daniela Poggi, Alessandro Tiberi, Margot Sikabonyi, Massimo Dapporto, Ninì Salerno, Arnoldo Foà, Paola Gassman e ha realizzato spettacoli di autori come Will Eno, Nick Payne, Mike Bartlett, Cesare Zavattini, Tahar Ben Jelloun, Neil La Bute, Pinter.

SALA UMBERTO
Via della Mercede, 50 Roma
Tel. 06 6794753 – www.salaumberto.com
martedì, giovedì e venerdì ore 21, mercoledì ore 17, sabato ore 17 e 21, domenica ore 17
Prezzi da 34€ a 24€

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