«Un romanzo eccezionale che supera in confini letterari,
anche perché l’autrice si è ispirata alla storia vera della sua famiglia»
Newsweek
Per quanto tempo si può continuare a fare progetti per il futuro, se la guerra incombe? I fratelli Kurc hanno cercato di resistere fino all’ultimo: Addy aggrappandosi alla musica, Mila occupandosi della figlia appena nata, Genek concentrandosi sul lavoro, Jakob rifugiandosi nei sogni e Halina nascondendo la paura dietro la ribellione. Tuttavia, nel settembre del 1939, devono arrendersi all’evidenza: la Polonia non è più sicura per una famiglia di ebrei. Così, per sfuggire al nazismo, sono costretti a dividersi: chi prova a imbarcarsi per il Brasile, chi scappa in Russia, chi si nasconde in piena vista con una falsa identità ariana. Armati solo del proprio coraggio e della forza della disperazione, i fratelli Kurc dovranno adattarsi a questa nuova esistenza di clandestini, affrontando la fame e il freddo, la solitudine e le persecuzioni, senza sapere se il prossimo passo li farà cadere tra le mani del nemico o li porterà più vicini a un porto sicuro. E sarà proprio grazie alla loro determinazione che, alla fine della guerra, si ritroveranno intorno a un tavolo e brinderanno a loro, i salvati…
Ispirato alla vera storia della famiglia di Georgia Hunter, Noi, i salvati ci conduce dai jazz club di Parigi alle prigioni di Cracovia, dalle spiagge di Casablanca ai gulag siberiani, mostrandoci come pure nei momenti più bui della Storia c’è sempre una luce che brilla, e che ci dà la forza di superare ogni avversità.
Geogia Hunter è nata nel 1978 a Plainville, negli Stati Uniti. Ha scoperto di essere figlia di un sopravvissuto dell’Olocausto solo nel 2000 e da allora ha deciso di raccontare la storia della sua famiglia. Armata di registratore e di taccuino Moleskine, ha seguito per ben dieci anni le tracce degli zii, dispersi per il mondo. Le loro storie di coraggio, perseveranza e speranza sono diventate la scintilla da cui è scaturito il romanzo Noi, i salvati.
«Un romanzo straordinario e commovente,
che rivela tutta la complessità e l’ambiguità della vita.»
Publishers Weekly
«Georgia Hunter è un’autrice coraggiosa come i suoi protagonisti.
Grazie al suo romanzo non li dimenticheremo mai.»
Harper’s Bazaar
«Un romanzo sulla forza dei sentimenti e familiari,
che ci aiutano a superare anche i periodi più bui.»
Glamour
Ciò che non mi avevano mai raccontato da bambina è che mio nonno, che per quanto ne sapevo io era statunitense dalla testa ai piedi, era nato in Polonia, in una città, Radom, in cui un tempo abitavano più di trentamila ebrei, e che il suo nome originario non era Eddy Courts, ma Adolf Kurc, e infatti in gioventù tutti lo chiamavano Addy. Inoltre ignoravo che fosse il terzo di cinque fratelli, e che avesse passato quasi un decennio senza sapere se i suoi parenti fossero scampati alla guerra oppure morti nei campi di sterminio, o giustiziati nei ghetti polacchi com’era capitato ad altre migliaia di persone.
Ho saputo poi che mio nonno aveva avuto la fortuna di trovarsi in Francia durante l’invasione nazista della Polonia, nel 1939, e che era l’unico membro della sua famiglia a essere riuscito a fuggire dall’Europa all’inizio della guerra. Mi ha detto che a un certo punto si era fidanzato con una ceca conosciuta a bordo dell’Alsina, una nave, ma poi, a una festa a Ipanema, l’ha accalappiato mia nonna. Infatti la loro prima figlia, Kathleen, è nata a Rio de Janeiro, pochi giorni prima che lui si ricongiungesse alla famiglia: genitori, fratelli e sorelle, zii e cugini dei quali non aveva notizie da quasi dieci anni. Chissà come, erano miracolosamente sopravvissuti a una guerra che aveva cancellato dalla faccia della terra più del novanta per cento degli ebrei polacchi. Solo in seguito ho scoperto che dei trentamila ebrei di Radom erano scampati più o meno trecento.
Nell’estate del 2000, poche settimane dopo la mia laurea, mia madre ha proposto un raduno dei Kurc a casa nostra, a Martha’s Vineyard. I cugini hanno accettato: non si vedevano granché spesso, e molti dei loro figli non si erano mai conosciuti di persona. Era ora di una rimpatriata. Ascoltavo le storie raccontate dai cugini di mia madre, così ho scoperto che, durante la guerra, Genek e sua moglie Herta erano stati internati in un gulag siberiano. Mi è venuta la pelle d’oca quando Józef ci ha raccontato di essere nato là, nei dormitori, in pieno inverno. Lassù faceva un freddo tale che ogni notte il ghiaccio gli incollava le palpebre e al mattino sua madre doveva massaggiargliele col proprio latte per riaprirgliele.
Ho scoperto la storia di Halina, che ha attraversato a piedi le Alpi mentre era incinta; e poi di un matrimonio proibito in una casa oscurata; documento falsi e un disperato tentativo di dissimulare una circoncisione; una rocambolesca evasione da un ghetto; una tormentosa fuga da una fucilazione di massa. Il mio primo pensiero è stato: Com’è che vengo a sapere queste cose soltanto adesso? Ma poi mi sono detta: qualcuno deve fissarle su carta. All’epoca non immaginavo che quel qualcuno sarei stata io. Sopraffatta dalla smania di capire esattamente in che modo i miei parenti fossero riusciti a farla in barba alla sorte, non ho potuto fare altro che cominciare a cercare risposte. Noi, i salvati è la storia della sopravvivenza della mia famiglia.
Georgia Hunter