CAPOLUPO, è un cantautore che porta con sé una lunga e ricca esperienza musicale. Dal successo con la band Estranea, culminato con la vittoria al prestigioso Roxy Bar e una collaborazione con Caterina Caselli, fino ai progetti acustici con il duo Milagro, la sua carriera è sempre stata caratterizzata da una profonda ricerca artistica e narrativa. Con il suo primo album da solista, Tra i miei disordini, CAPOLUPO esplora le fragilità e le complessità dell’animo umano, intrecciando sonorità elettroacustiche e testi intensi. Il suo ultimo singolo, Un’altra volta, ha già colpito per la capacità di affrontare temi universali come il perdono verso sé stessi con un linguaggio intimo e diretto. Il progetto ha ricevuto un’accoglienza entusiastica per la sua autenticità e profondità, confermando CAPOLUPO come una delle voci più sincere del panorama musicale contemporaneo.
Capolupo hai descritto “Un’altra volta” come una canzone arrivata in pochi istanti, ma che ha richiesto un’intera vita per essere scritta. Potresti raccontarci di più su come è nata questa traccia? C’è stato un momento specifico che ti ha ispirato?
La scintilla è arrivata da una chitarra con una accordatura particolare che stavo sperimentando, quella suggestione mi ha immediatamente suscitato un giro armonico ed una melodia che a loro volta hanno ispirato il testo.
Nel tuo singolo esplori il concetto del perdono verso se stessi e il passato. Come si è sviluppata per te questa tematica nel corso degli anni? È stato un tema ricorrente anche nelle tue esperienze musicali precedenti?
È una tematica che ricorre in diverse canzoni anche se in passato per una forma di pudore era meno esplicitata. In particolare in questo brano ho sentito l’urgenza di riscattare un conflitto ribaltando la prospettiva, dalla lotta all’accoglienza proprio attraverso il perdono.
Con l’uscita di “Un’altra volta” e il precedente singolo “Gioie e paranoie,” sembra che tu stia seguendo una direzione musicale ben definita. Come descriveresti la tua evoluzione musicale da quando hai iniziato con gli Estranea fino ad oggi?
Le esperienze del passato mi hanno formato artisticamente e consentito di costruire nel tempo una più solida e precisa identità sia nella composizione che nella produzione. Ad oggi mi trovo per la prima volta ad indossare inaspettatamente anche il ruolo di cantante, con l’opportunità di dare corpo alle parole attraverso la mia voce.
“Tra i miei disordini”, il tuo primo album da solista, uscito il 15 novembre. Cosa si può aspettare da questo nuovo progetto chi si trova ad ascoltarlo per la prima volta? Ci sono temi o suoni che hai voluto approfondire particolarmente?
È un album circolare con un inizio ed una fine che si rincorrono l’un l’altra ed al centro le emozioni in tutte le sue declinazioni. Un disco estremamente personale ed intimo, nato con l’intento di svelare le parti più fragili dell’animo umano. Musicalmente le sonorità sono prevalentemente elettroacustiche, e caratterizzate da diversi momenti strumentali, pensati per dare respiro alle canzoni.
Quali sono le principali influenze musicali e letterarie che ti hanno ispirato per la creazione di “Un’altra volta”? Ci sono artisti o album che senti particolarmente affini a questo singolo
Le mie influenze musicali provengono principalmente dal mondo anglosassone, in particolare dalle band che dalla fine degli anni novanta inizio duemila hanno caratterizzato un’epoca. Nello specifico per “Un’altra volta” ho tratto ispirazione dalle ballad malinconiche presenti in Parachutes, il primo album dei Coldplay.
Infine Capolupo ti chiediamo, se dovessi riassumere in poche parole il messaggio che vuoi trasmettere con “Tra i miei disordini”, cosa diresti ai tuoi ascoltatori? Cosa speri che portino con sé dopo aver ascoltato la tua musica?
Si tratta di un disco non previsto eppure l’urgenza emotiva e l’autenticità della storia che stavo raccontando ha fatto sì che quel flusso inaspettato guidasse ogni scelta. Un disco personale ma in cui si possono riconoscere le persone, perché ancora oggi una canzone può essere una risorsa, un rifugio, un’opportunità per chi desidera spogliarsi dalle pose, esplorare le inquietudini senza il timore di risultare sbagliati, per provare così a dissolvere un po’ di disordine.