Home Da ascoltare L’île noire Fil Rouge Quintet

L’île noire Fil Rouge Quintet

L’île noire Fil Rouge Quintet. Quanto è bello il jazz? Si tratta di un genere musicale che non si può fare a meno di amare, soprattutto perché è in costante mutamento, movimento e evoluzione. Il jazz si presta facilmente a tante commistioni, e ciò lo rende un genere fresco, che si rinnova ogni volta e risulta moderno e contemporaneo anche a più di cento anni da quando ha mosso i suoi primi passi.

Ne danno una dimostrazione i Fil Rouge Quintet, che ho avuto recentemente modo di ascoltare nel loro album L’île noire. Dalla mia introduzione avrete già dedotto che si è di fronte ad una raccolta di brani che hanno come base il jazz, ma questa è una definizione che per certi versi potrebbe risultare limitante. Come dicevo qualche riga più in alto il jazz è pronto ad impreziosirsi, e questo è ciò che è stato realizzato in ogni singolo brano di L’île noire. Basta un rapido ascolto per notare tutte le numerose contaminazioni, che hanno permesso di inserire sonorità più tipicamente contemporanee, oltre ad elementi musicali che provengono direttamente da altre culture. L’île noire è a tutti gli effetti un album dal respiro e dalla vocazione internazionale.

Grafica Divina

Buona parte del merito va ovviamente alle due talentuose artiste che hanno dato origine al progetto dei Fil Rouge Quintet. Mi sto riferendo a Manuela Iori, nel doppio ruolo di compositrice e pianista, e a Maria Teresa Leonetti, sia autrice che cantante. Il loro impegno è palpabile, e hanno avuto il grande pregio di sapersi circondare di artisti preparati e di grande talento: Charles Ferris (tromba e flicorno), Ettore Bonafé (batteria e percussioni) e Michele Staino (contrabbasso).

Come dicevo sono cinque professionisti della musica, ognuno dei quali ha impresso una parte della sua anima in ogni singola traccia. Il risultato finale è notevole, e non solo per la qualità tecnica, ma anche e soprattutto per la capacità di coinvolgere, un fattore che non può essere sottovalutato.

Il coinvolgimento è un aspetto essenziale, perché L’île noire prima di essere una raccolta di brani è un viaggio, un percorso esperienziale da vivere con grande attenzione, tenendo gli occhi chiusi e lasciando che ogni suono dia forma a una nuova dimensione. Ciò non significa che le immagini non abbiano il loro peso, anzi, potremmo dire che è vero il contrario, visto l’impegno messo nella realizzazione della copertina. Questa illustrazione ha lo scopo di iniziare a dare un’idea su cosa sia l’”isola nera” che dà il nome al titolo, ma c’è anche di più. Viviamo in un’era dove il minimalismo grafico è preponderante nel mondo della musica. I Fil Rouge Quintet decidono invece di andare in direzione opposta, una grande dimostrazione di personalità, oltre che di amore per ogni forma d’arte.

E cos’è questa isola nera? L’île noire non è altro che un porto sicuro, un punto da raggiungere nel proprio viaggio più intimo.

In questo tragitto i Fil Rouge Quintet non sono stati soli. Il sassofonista Javier Girotto ha contribuito al brano Tango Romanesco, mentre Badara Seck è presente in Les Villes Cachées. Infine c’è una reinterpretazione di Alexander Platz, un poetico e commovente omaggio al grande Franco Battiato.

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