CELIA è una cantautrice dal talento unico che sta rapidamente emergendo nel panorama musicale italiano. Con il suo nuovo singolo “Chissà se ci sarai”, CELIA esplora il tema del desiderio di maternità e le incertezze che lo accompagnano, offrendo un assaggio delle sue profonde riflessioni e delle emozioni che infonde nelle sue composizioni. In questa intervista ci racconta come le sue esperienze personali e professionali influenzino la sua musica…
“Chissà se ci sarai” parla del desiderio di maternità e delle incertezze legate a questo tema. Come pensi che le tue esperienze personali influenzeranno le tue future composizioni?
Io scrivo di emozioni e pensieri che mi attraversano. Soprattutto quando sono scomodi.
Ogni incontro, ogni esperienza può diventare una canzone. Essendo una psicologa, la mia tendenza è cercare di capire cosa vivo, spesso con la testa. Con la musica ci si muove in un altro territorio, entra la parte emotiva, quindi a volte ti sorprendi di quello che viene fuori.
Diventare grandi presenta tante sfide quindi un sacco di canzoni possono emergere.
Celia come descriveresti il tuo stile musicale? C’è un’evoluzione rispetto al tuo primo singolo?
Tutte le mie canzoni sono diverse. Ho già un intero disco solo da produrre. Più che un’evoluzione, sono tutte sfumature della mia personalità e della mia esperienza di vita.
Sono in fase esplorativa, è una scoperta anche per me.
Io sono cresciuta con le cantautrici degli anni ‘90, Elisa, Alanis Morrissette, Carmen Consoli, Ani di Franco ma adoro anche Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Max Gazzè e oggi Levante.
Scrivere finalmente le mie canzoni è stato un processo davvero interessante, perché si sono rivelati aspetti di me, come la tendenza a mescolare l’estrema profondità con l’ironia e la leggerezza. È una cosa proprio mia e mi conosci bene se capisci che ci sono tutte e due. Chi ha un approccio superficiale può cadere nell’inganno di credere che io sia o troppo frivola o troppo pesante. Se ascolti “Irreperibile”, il mio precedente singolo, ti trovi a ballare su una canzone che in realtà ha un contenuto bello tosto. È questo un po’ il mio mondo, contraddizioni che vanno a braccetto. “Chissà se ci sarai” è più coerente, ma mescola sempre elementi opposti, come nostalgia e speranza.
Celia hai mai incontrato delle difficoltà nel comunicare le tue idee musicali ai produttori o ai collaboratori? Come superi queste sfide?
Assolutamente, non è facile. A volte si battaglia perché il linguaggio della musica è diverso da quello della parola.
Il mio primo focus è sul contenuto e sul testo e sull’esperienza emozionale che voglio far fare con la canzone. Con “Chissà se ci sarai” volevo uscisse la dolcezza, mescolata alla malinconia e alla speranza. La sfida è stata riuscire a comunicare con i produttori per riuscire insieme a tradurre tutto questo in musica. A parole posso spiegarlo molto bene ma devono essere persone che sappiano ascoltare e sentire, traducendo poi in suoni. Di volta in volta valuto se le proposte si avvicinano al concept che ho per la canzone. I due producer con cui ho lavorato questa volta, Nicola D’amati e Daniele Giuili, l’hanno saputo fare molto bene.
Era buffo, perché ogni tanto quando cercavo di dire cosa doveva provare l’ascoltatore in ogni passaggio mi guardavano come se stessi delirando, entrare nel mondo delle emozioni non è facile, né comodo.
Essendo originaria di Torino e trapiantata a Roma da 8 anni, quanto contano per te le tue radici e il legame con la tua città natale nella tua musica?
A Torino si fa sul serio, non si può sbagliare. Probabilmente se non mi fossi allontanata, non avrei mai scritto pezzi miei, sarei stata inibita. Lasciare la propria città però è disorientante, ti cambia e viene un momento che non sai più dove appartieni.
Da questo disorientamento nasce anche la ricerca di un “centro di gravità permanente”, per citare qualcun altro. Questo tema delle radici emerge in “Chissà se ci sarai” e anche in altri pezzi. Lo sento molto forte, anche se ora ascolto “Chissà se ci sarai” con dolcezza perché sento di avere trovato un senso di casa innanzitutto dentro di me e in alcuni contesti speciali dove posso essere autentica.
C’è un artista o una band che consideri un’influenza importante per la tua musica?
Come dicevo prima sono cresciuta con le cantautrici degli anni ’90 e adoro anche Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Max Gazzè e oggi Levante.
Elisa dei primi dischi, però, è quella che ha lasciato più il segno, era intima e si apriva al mondo con purezza. Vorrei che le mie canzoni portassero le persone in una direzione simile, riprendere contatto con parti di sé e esprimerle.
Prossimi progetti?
La promozione del singolo prende un sacco di energie, quindi ora il focus è su quello.
Mi concentrerò sui live, voglio condividere i pensieri e le emozioni che ci sono nelle canzoni.
Sono una persona molto mentale ma sul palco testa e cuore si incontrano e posso finalmente comunicare con pienezza. Creo sempre un bellissimo incontro con le persone, lo dico perché lo sento io per prima. Mi piacerebbe suonare a qualche festival con tematiche femminili o in ambito psicologico.
Ringraziamo Celia per il suo tempo!