La guerra in corso a Gaza non ha solo un altissimo costo umano, ma sta anche causando danni ambientali gravissimi nelle zone interessate dal conflitto, con conseguenze devastanti per l’aria, l’acqua e il suolo, e per tutte le persone che vivono in questi luoghi. È il quadro allarmante denunciato Greenpeace, che ha raccolto in un dettagliato approfondimento le informazioni pubblicate in questi mesi sull’impatto ambientale del conflitto a Gaza.
Nei primi 120 giorni di guerra, la stima delle emissioni di carbonio rilasciate a causa del conflitto è pari a circa 536.410 tonnellate di anidride carbonica, il 90% delle quali attribuite al bombardamento aereo e all’invasione terrestre di Gaza da parte di Israele. L’aria è inoltre contaminata da sostanze chimiche provenienti da armi come il fosforo bianco, mentre le risorse idriche sono state gravemente compromesse, con circa 60 mila metri cubi di liquami e acque reflue non trattate che confluiscono quotidianamente nel Mar Mediterraneo.
Il degrado del suolo ha devastato l’agricoltura nel territorio di Gaza: la distruzione delle fattorie e dei terreni agricoli (pari al 57% nel maggio 2024), unita a 17 anni di blocco e alla distruzione del 70% dei pescherecci, sta creando una gravissima insicurezza alimentare nella Striscia. Tutto questo mentre i sistemi e le strutture di gestione delle fognature, delle acque reflue e dei rifiuti solidi sono collassati, con un costante rischio di epidemie.
All’interno di una regione già molto vulnerabile alla crisi climatica, Gaza deve affrontare un peggioramento a causa della guerra: le proiezioni indicano che le temperature potrebbero aumentare di 4°C entro la fine del secolo. Il diritto internazionale richiede che Israele sostenga i costi della ricostruzione di Gaza, data la sua riconosciuta responsabilità come potenza occupante.
«Di fronte a una situazione ormai quasi irreversibile, chiediamo un cessate il fuoco immediato e permanente, un embargo globale su tutte le vendite e i trasferimenti di armi, la fine dell’occupazione illegale della Palestina, un passaggio costante e sicuro dei camion degli aiuti e l’accesso di investigatori e specialisti ambientali per condurre indagini sul campo», dichiara Sofia Basso, campagna Pace e Disarmo di Greenpeace Italia. «Nel lungo termine chiediamo invece il sostegno di donatori internazionali e regionali per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, valutazioni ambientali complete per il dopoguerra, una ricostruzione sostenibile incentrata sulla mitigazione del clima, sulle politiche di resilienza e sul coinvolgimento delle comunità. Inoltre sono necessarie misure per riconoscere le responsabilità di Israele per i danni inflitti a Gaza in violazione dei suoi obblighi internazionali»
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