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Caroline Pagani si racconta

Ospite del nostro spazio Caroline Pagani, artista poliedrica con una formazione variegata che abbraccia teatro, musica, drammaturgia, regia e recitazione.

Nel corso della sua carriera, Caroline ha collaborato con istituzioni teatrali di fama internazionale che hanno arricchito il suo percorso artistico e ha lavorato con importanti nomi del teatro del calibro di Calixto Bieito, Peter Greenaway, Giorgio Strehler e Luca Ronconi, contribuendo a spettacoli di grande impatto emotivo e intellettuale.

Grafica Divina

Ha pubblicato recentemente “Palcoscenico”, cover del brano del fratello Herbert Pagani e ed è andata in scena per quattro serate consecutive al Teatro Franco Parenti di Milano con lo spettacolo -concerto “Per Amore dell’Amore”.

·  È uscita in digitale la cover di “Palcoscenico” interpretata da Caroline Pagani. Cosa puoi dirci riguardo all’ispirazione dietro questa reinterpretazione del brano di Herbert Pagani e cosa ha significato per te lavorare su questo progetto?

L’ispirazione parte dal testo, dalle sue parole, molto attuali, e dal titolo, dal tema: il palcoscenico. Che cosa è ‘palcoscenico’? Spesso non è necessario andare a cercare altro che non sia nel testo, basta saper leggere i testi. Anche con Shakespeare, spesso nelle regie ci sono sovrastrutture che non hanno nulla a che fare col testo, quando è tutto lì, la regia dei testi di Shakespeare è già lì, è insita nella scelta delle parole, delle immagini, del suono e della metrica, del respiro interno del testo, tutto il resto è superfluo. Per me lavorare su questo progetto era una necessità che rimandavo da tempo, in parte per mancanza di mezzi produttivi. È stato un processo lungo, impegnativo, faticoso, ma molto bello ed emozionante, con un significato per me che va ben oltre la realizzazione di uno spettacolo su ciò che Herbert Pagani ha prodotto e trattato, molto al di là della canzone e del suo essere stato un paroliere fecondo e poetico, ha significato una riconnessione con le radici, un lavoro sugli antenati, e sulla trasformazione delle lacerazioni della vita in maniera creativa e poetica.

·  Dal 14 al 19 maggio sei andata in scena al Teatro Franco Parenti con lo spettacolo-concerto “Per Amore dell’Amore”. Quali elementi dell’opera di tuo fratello Herbert Pagani hai voluto mettere in risalto e come hai integrato musica, teatro e multimedia in questa performance?

Ho cercato di mettere in risalto tutti gli aspetti della sua produzione artistica: dal disegno, alla pittura, alla scultura, alla scenografia, alla canzone, alla poesia, alla prosa, alla radio. Le canzoni si integrano col teatro perché sono teatro esse stesse, molte di queste canzoni sono teatro canzone: si prestano in particolar modo ad essere spazializzate, agite, interpretate, teatralizzate. A ogni canzone fa da fondale una delle scenografie o disegni o dipinti che realizzava lui stesso per i suoi concerti, mentre l’esecuzione di “Palcoscenico” è accompagnata dal videoclip realizzato appositamente per questo brano. Ho cercato di mostrare un ritratto di un artista poliedrico, totale e come musica, parola, canzone, scenografia siano interconnesse e danzino assieme.

·  “Palcoscenico” è descritto come un viaggio surreale e spiritoso nel mondo del Teatro. Puoi spiegare come hai cercato di trasmettere la dicotomia e il connubio tra sogno e realtà, e fra personaggi e interpreti attraverso questa canzone e il relativo spettacolo?

Attraverso un tempo sincronico e non diacronico, un po’ come capita quando sogniamo. E con ironia. Oscillando fra due piani di realtà. Mostrando ciò che avviene in scena ma anche e soprattutto ciò che accade nel dietro le quinte, durante i retroscena, focalizzando l’attenzione sulla prospettiva dell’artista, l’artista che si prepara prima di andare in scena, che fa memoria, che fa training, che si acconcia, si trucca e si veste da personaggio, che fa le prove dei suoi personaggi allo specchio, che dietro le quinte viene sbattuto in scena… Alla fine di tutta questa carrellata di personaggi shakespeariani, si scopre che queste eroine sono incarnate da un’attrice, che siamo in un teatro, su un palcoscenico, che c’è anche la prospettiva di chi guarda. Soprattutto, ho voluto raccontare una storia, un video in cui c’è una drammaturgia e un racconto.

· Caroline Pagani hai una formazione artistica molto variegata e internazionale. Come hanno influenzato la tua carriera le collaborazioni con figure come Calixto Bieito, Peter Greenaway, Giorgio Strehler e Luca Ronconi? Quali aspetti del loro lavoro ti hanno ispirata maggiormente nella tua crescita come artista poliedrica?

L’unico che forse ha influenzato il mio modo di concepire e di vedere il teatro è Giorgio Strehler che mi ha fatto amare un teatro di drammaturgie forti e di attori. Un teatro sì di regia, ma soprattutto quel teatro dove i testi e gli attori sono l’elemento più importante e imprescindibile dello spettacolo, di uno spettacolo che non ha bisogno di tecnologia né di effetti speciali per nascondere la mancanza di idee, o colmare un horror vacui, di comprensione di testi e dei sottotesti. Un teatro poetico, in cui scena e luce creano sempre un’atmosfera, in cui in principio, sempre e per sempre è il verbo, in cui sono le parole e le anime che vivificano e presentificano quei testi, e che con un abracadabra creano dei mondi. Di Greenaway amo il trionfo immaginifico e visionario, la precisione dell’aspetto visivo e visuale, che ti fa entrare in tante stanze delle meraviglie, ma nel cinema. In teatro le stanze delle meraviglie si possono aprire con le parole, evocate da bei testi e animate da bravi attori.

Grazie a Caroline Pagani!

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