Home Da non perdere Don Pasquale con Daniele Gatti al teatro del Maggio Musicale

Don Pasquale con Daniele Gatti al teatro del Maggio Musicale

Don Pasquale e quello schiaffo all’èlite che non comprende il cambiare dei tempi.

È da poco andato in scena al teatro del Maggio Musicale di Firenze, un Don Pasquale di Donizetti, che pur strizzando l’occhio alla tradizione, si rivela in tutta la sua modernità e audacia, confermando la voglia di sperimentare e osare, di un teatro che sembra voler uscire con tutta la grinta possibile, da un momento storico molto difficile.

Grafica Divina

E’ proprio in questi giorni che viene siglata la nomina del nuovo sovrintendente del teatro d’opera di Firenze. Un teatro martoriato e abbandonato quasi a se stesso prima che il commissario Onofrio Cutaia lo traghettasse nelle mani di Carlo Fuortes, nuovo e annunciato erede della futura conduzione del Maggio.  

Don Pasquale è un opera buffa considerata dalla massa, e non si sa bene perché, un’opera meno popolare rispetto ad altre del repertorio del compositore bergamasco. Non un titolo acchiappa pubblico apparentemente. Fortunatamente la presenza massiccia per tutte le recite di questa fortunata ripresa (eh sì, perché l’allestimento pensato da Jonathan Miller, risale al 2001),  ha dimostrato il contrario.

La cosa singolare di questa proposta artistica, a cui va dato merito alla direzione per la scelta, è l’aver affidato una recita ad un cast formato totalmente dai giovani artisti dell’accademia di alto perfezionamento del teatro del Maggio, ed è proprio dell’anatomia di questa serata che vi voglio parlare.

Prima ancora di vedere il sipario aprirsi l’attenzione è tutta rivolta al maestro Daniele Gatti al suo debutto con questo titolo. E già in questo caso abbiamo un evento singolare e comprendiamo la voglia di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Inutile dire che già dal primo attacco capiamo che non sarà una serata di routine come se ne possono vedere e sentire tante ma è una creazione totalmente nuova che si modella, pagina dopo pagina, sotto la bacchetta, si potrebbe dire magica, di Gatti.

Ouverture che nasce sorniona per poi svegliarsi audacemente all’incedere di ogni nota. Gatti fa brillare il suono e l’orchestra lo segue divertita facendo sembrare il tutto un gioco da ragazzi, così come giocosa appare l’imponente scenografia che, come una scatola magica, si apre sotto gli occhi del pubblico.

Una grande casa di bambola su più piani, si avvicina, aprendosi, al proscenio e quasi sembra di aprire un libro dove, anziché sfogliare le pagine, passiamo in rassegna ogni stanza. Ogni luogo ci parla di un personaggio, di una bambolina che ogni bambino lo sa, quando cala la notte, anche se noi non lo vediamo, prende vita. E così accade in questo Don Pasquale dove graziose bamboline di porcellana, litigano, si amano, replicando o imitando la vita di noi esseri umani, esasperandola anche ma solo per gioco. E questo il maestro Gatti lo sa bene, trovandosi totalmente a suo agio nella parte del burattinaio che pur non muovendo file, ha la capacità di toccare le corde giuste e mettere a proprio agio cantanti che, a eccezione del veterano Marco Filippo Romano, il Don Pasquale del titolo, stanno muovendo i primi passi in questa maestosa arte.

Quasi tutti i tre atti si dipanano tra i tre piani della monumentale villa. A tratti può sembrare una regia piatta ma le controscene che si svolgono nelle altre stanze, che siano cucina, o soffitta, escludono questa possibilità. Semmai si richiama il senso di chiusura che si chiunque abbia mai giocato con una casa di bambola, che siano di epoca vittoriana, o più moderne Barbie, ha sperimentato, e non è un caso che il giardino e il boschetto non esistano ma la scena si svolge sul pavimento del palco, con alle spalle solo la facciata della casetta (versione extra large), alle spalle. E qui chi è stato davvero bambino lo sa bene, fuori da quelle mura non c’è mai il prato ma tutto è affidato all’immaginazione di chi gioca. In questo caso viene affidato a noi che giochiamo con chi è in buca, sul palco, e alla musica.

Il maestro Gatti, l’ho già detto, è il protagonista assoluto di questa produzione. Il deux ex machina a cui tutti rispondono.

Un immenso Marco Filippo Romano conferma la sua assoluta padronanza nel repertorio buffo, donandoci un anziano voglioso patetico e tenero al tempo stesso. Generoso nel duettare con i giovani artisti nel loro debutto tutti convincentissimi, tra cui si distingue il dottor Malatesta di Matteo Mancini che sa tenere testa all’irrequieto Don Pasquale.

Mancini è un baritono dotato di voce morbida e agile, oltre che di un’eleganza espressiva sia vocale che scenica.

Non è da meno la scatenata Norina di Nikoletta Hertsak che tutto risulta essere fuorché di porcellana. Acuta al punto giusto , padroneggia la voce per tutta la pantomima senza mai perdere agilità e garbo.

L’Ernesto di Lorenzo Martelli, che Don Pasquale vorrebbe relegare a soprammobile, è capriccioso e non per finta. Martelli ne tratteggia bene l’aspetto infantile tipico di Ernesto convincendo nelle due belle arie dedicate a questo ruolo.

L’orchestra e  il coro (diretti dal maestro Fratini), del teatro del Maggio Fiorentino, si riconfermano parte integrante del successo di questa fortunata produzione a cui auguro che sia di buon auspicio per un nuovo inizio.

Un pubblico nutrito e caloroso ha reso la serata ancor più memorabile. 

Questo teatro e i loro artisti si meritano non solo un futuro ma un presente migliore.

Articolo di: Susanna Alberghini 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.