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Intervista a Mauro Grossi

L’Intervista a Mauro Grossi sulla sua esperienza a Pigna, in Corsica

Mauro Grossi: compositore, didatta, viaggiatore fra i suoni. A brevissimo in uscita un nuovo album ma, fra un’intervista con Bollani e la rifinitura di un booklet, l’attività di Mauro certo non si accomoda in poltrona. Recente la sua partecipazione ad una residenza artistica a Pigna, in Corsica: un interessante appuntamento con la musica e i musicisti che ci ha incuriosito e sulla quale abbiamo voluto fargli alcune domande.
E non a caso: perché Mauro ci ha proprio conquistati con il suo racconto di come un paesino, di soli 102 abitanti, possa investire in maniera consistente e sapiente nella cultura musicale, dotandosi di una scuola di musica, di un auditorium, di un museo dedicato alla musica e, addirittura, di uno studio di registrazione molto ben attrezzato. Spazi che, nel silenzio di un luogo sperso un po’ nel nulla, si sono magicamente animati di musica e di energia. Ed è così che ci ha raccontato il suo incontro con il folklore francese e del suo stupore in questo luogo così piccino e tanto vivo di musica. 

Grafica Divina

Sei di recente reduce da una interessante residenza artistica nel verde della Corsica: che cosa ti aspettavi da questa esperienza e che cosa ti sei portato a casa?

Conoscendo già abbastanza la Corsica e i suoi abitanti, mi aspettavo da loro una maggior propositiva ed “orgogliosa” presenza come promotori del folklore musicale autoctono, essendo essenzialmente il progetto in cui ero coinvolto una sorta di “world music fusion” oppure come diceva qualcuno “metafolk” basata su lingue minoritarie in via di estinzione. Mi porto a casa, invece, un loro atteggiamento morbido, non localistico, aperto e collaborativo che ha dato i suoi risultati, artisticamente validi ed interessanti. 

La cosa che trovo sconvolgente è che un piccolo villaggio, di poco più di un centinaio di anime, abbia un museo della musica, una scuola di musica, una liuteria con costruzione di clavicembali, un auditorium serio e ben attrezzato e infine uno studio di registrazione modernissimo e professionale. 

Credo che l’Italia dovrebbe imparare dalla Francia ad investire sulla cultura presente e futura e non solo preoccuparsi di conservare il suo ineguagliabile passato ma, anzi, reinvestire generosamente e intelligentemente i proventi, aiutando artisti giovani a divenire rappresentativi nel mondo e quelli meno giovani, come me, ad avere finalmente una visibilità.

Con quale parco musicisti hai avuto modo di confrontarti?

Piuttosto ristretto a dire il vero, Matteo Scarpettini percussionista esperto in world music, dalle tabla al riqq alle percussioni latine e brasiliane, Maurizio Geri cantautore sopraffino, fortissimo chitarrista fondamentalmente manouche, serio conoscitore del folklore toscano, suonatore di liuti etnici tipo il saz, Jerome Casalonga uno degli ideatori del centro Voce di Pigna, promotore dell’iniziativa, cantante esperto di coro corso nonché saxofonista e clarinettista tra il Jazz e la musica etnica.

Qual è l’importanza, oggi come ieri, di questo tipo di esperienze?

Certamente annullare le distanze, soprattutto mentali, tra artisti; aprire prospettive al di là delle semplici trite giustapposizioni di stili, di cui francamente non se ne può più, mettere semi per nuovi interessanti sincretismi, che sono una delle possibilità future della musica a patto che si cerchi di andare oltre l’esotismo e i molti altri “ismi” da supermercato pop, le combinazioni furbette alla Sanremo…

Se avessi l’opportunità di ideare una residenza artistica per il futuro come sarebbe strutturata?

Difficile rispondere. Certamente cercherei di avere un assunto musicale e/o drammaturgico con dei materiali concreti di partenza. Senza dimenticarmi di stimolare continuamente la sperimentazione, i percorsi verso terreni selvaggi ed inusuali. Inserirei delle personalità che avessero la necessaria visione e concretezza per la realizzazione di un progetto/prodotto più possibile fresco e sincretico.

Immagina un’ipotetica residenza artistica tanto stravagante quanto ipoteticamente intrigante: come la vedresti?

Mescolando individualità diverse ed aperte, con provenienza da generi apparentemente distanti. Cercherei di portare tutti verso la ricerca di tipi di bellezza inusuali se non, addirittura, con un bel po’ di fortuna, inediti. Ma sempre rivolto alla produzione concreta di un progetto, ad uno sbocco/risultato. Le nuove teorie inevitabilmente raccolte, solo come eventuale, per quanto benvenuto, effetto collaterale.

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