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Paolo Lanzotti e Le carte segrete della Serenissima

Da poco in libreria il nuovo romanzo di Paolo Lanzotti Le carte segrete della Serenissima uscita per tre60, ambientato nella Venezia del 1753 racconta una nuova indagine di Marco Leon agente dell’Inquisizione di Stato.

Lo abbiamo incontrato per approfondirne alcuni aspetti ecco cosa ci ha raccontato.

Grafica Divina

Marco Leon come è cambiato da I guardiani della laguna?

Come sai, i romanzi di una serie sono un po’ gli anelli di una catena. Singolarmente hanno una loro vita autonoma e possono essere trattati indipendentemente gli uni dagli altri. Tuttavia, costituiscono anche i mattoni di una costruzione più ampia e, inevitabilmente, finiscono con l’essere collegati fra loro. In questo senso, l’evoluzione che un personaggio subisce passando da una puntata all’altra è uno degli elementi portanti della storia. In una serie di romanzi, i personaggi affrontano situazioni, incontri, esperienze diverse. Grazie a queste, evolvono, possono cambiare prospettive e punti di vista. Marco Leon  – ma anche altri personaggi intorno a lui – non fa eccezione e non potrebbe essere altrimenti. Nel primo romanzo è un uomo alle prese con un fantasma. L’incontro con Marion lo aiuta a staccarsi progressivamente dal suo passato. Nel terzo romanzo, proprio il rapporto ormai consolidato fra i due lo costringe ad affrontare un dilemma pesante – non dico quale, per non togliere la sorpresa a qualcuno – che mette in crisi alcuni dei suoi valori fondamentali. Insomma, come accade a tutti noi nella vita reale, anche l’esistenza di Marco Leon è un continuo, faticoso divenire.

Cosa hai imparato da lui e cosa lui ha insegnato a te?

Non so se Marco mi abbia insegnato qualcosa ma, sicuramente, mi ha permesso di riflettere su me stesso. Dico sempre che, in genere, quando tratteggia il protagonista di un romanzo, l’autore cerca di rimanere neutrale. Cerca di costruire una “persona” autonoma, mantenendo nei suoi confronti il dovuto distacco. Ma non riesce mai a farlo completamente. Nel protagonista del libro finisce col mettere qualcosa di se stesso e, soprattutto, qualcosa di ciò che vorrebbe essere, magari senza rendersene conto. Scrivendo i romanzi di questa serie e seguendo le peripezie di Marco Leon, i suoi desideri, le sue emozioni, le sue reazioni davanti agli avvenimenti, ho avuto modo di capire anche alcune cose di me. E questo perché  – mi rendo conto – Marco Leon ha alcune caratteristiche nelle quali mi riconosco, ma ha anche molto di ciò che io non sono e che vorrei essere. Un esempio? Come tutti gli investigatori che si rispettino, Leon ha una grande capacità di osservazione. Viceversa, io sono una di quelle persone che, come direbbe Sherlock Holmes, “guardano ma non vedono”. Non avrei mai potuto fare l’investigatore.   

In questo terzo libro Le carte segrete della Serenissima l’amore ha un peso… quanto influiscono i sentimenti in Leon?

Ho fatto di Marco Leon, volutamente, un personaggio positivo. Oggi sono di moda gli eroi negativi, border line. Si tende a pensare che, per risultare “umano” un personaggio debba essere pieno di lati oscuri. È certamente vero che in noi ci sono fin troppi difetti, contraddizioni e scheletri nell’armadio, ma io credo che si possa essere “umani” anche senza vivere nell’oscurità. Si è “umani” anche nella generosità, nella lealtà, nell’altruismo. Insomma, nelle emozioni positive e nelle difficoltà che, a volte, possiamo trovare nella loro gestione. È una delle idee che ho cercato di trasmettere con il personaggio di Leon. Marco è un uomo sempre conteso tra razionalità e sentimenti. È una mente logica, pensante, in un cuore romantico. Ciò che accade intorno a lui non lo lascia mai indifferente. La compassione, la rabbia, lo sdegno per le ingiustizie sono sempre presenti nel suo comportamento. E credo che in questo terzo romanzo la cosa risulti piuttosto evidente.

Nei tuoi romanzi la coerenza storica è sempre un valore aggiunto. Durante la preparazione dei romanzi c’è qualcosa che hai scoperto o imparato che ti ha sorpreso?

Quando si scrive un romanzo storico si ha a che fare con una materia impegnativa. Ambientare la trama in un’epoca diversa da quella in cui si vive significa possedere una serie di conoscenze piuttosto ampia. Pur senza avere la pretesa di diventare storici, bisogna documentarsi seriamente. Io ti posso dire che, da quando ho cominciato a scrivere il primo di questi gialli storici – diversi anni fa, ormai – ho imparato moltissime cose. Talmente tante che sarebbe troppo lungo elencarle. Pur essendo veneziano di nascita, ho scoperto di conoscere molto poco della storia della mia città. E questa è stata di sicuro la scoperta più sorprendente.  

Cosa è rimasto fuori da questo libro?

Non molto, per la verità. Alla fine posso dire d’aver inserito nella trama quasi tutti gli episodi programmati all’inizio. Anzi, come succede sempre, in corso d’opera ne ho anche aggiunto degli altri, imprevisti. A parte qualche particolare di scarsa rilevanza, fuori da questo romanzo è rimasta un’unica idea. Ma non ti dico quale. L’ho messa da parte e conto di utilizzarla nella prossima puntata della serie. Sperando, ovviamente, che ci sia una continuazione.

da leggere: Le carte segrete della Serenissima di Paolo Lanzotti

Intervista di: Elena Torre

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