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Intervista a Moderno

MODERNO (“Fedenco” per gli amici) nasce nelle campagne romane e nella vita “normale” veste i panni del prof di Filosofia.

Il nuovo album, attualmente in fase di registrazione, viene anticipato dal primo singolo “L’UNICA SPECIE CHE SA” – in uscita il 15 Marzo 2023 su tutte le piattaforme digitali e prodotto da Andrea Messina (Bartolini, 1789…) – attraverso il quale Moderno fa i conti con i punti deboli che l’uomo “moderno” non vuole riconoscere.

Grafica Divina

Con i nuovi brani, il prof si propone di creare una proposta innovativa che misceli il cantautorato italiano più ispirato (da Battiato, Ferretti fino alla produzione più recente di Niccolò Fabi e Motta), la vena punk insita nel suo dna e un sound elettronico che si ispira a producer internazionali come Jamie XX, Apparat, Tim Hecker

Ciao Federico, benvenuto. In “L’UNICA SPECIE CHE SA”, il tuo nuovo singolo disponibile dal 15 marzo, fai i conti con i punti deboli che l’uomo “moderno” non vuole riconoscere. Quali sono i punti deboli più gravi secondo te?

Il punto debole per eccellenza è uno: la finitezza. Siamo piccoli esemplari di una specie che dovrebbe rapportarsi con il proprio limite essenziale: la mortalità. Invece facciamo i fenomeni e siamo schiavi ogni giorno di un sistema che ci vuole performanti, sempre belli o sempre invincibili. Ogni giorno stiamo diventando più filtrati e artificiali, complici anche le nuove tecnologie, e nemmeno ce ne accorgiamo.

 “L’UNICA SPECIE CHE SA” riprende i temi e la visione del tuo precedente album, “Storia Di Un Occidentale”. Possiamo comunque parlare di un nuovo inizio? Che cosa senti che è cambiato in quello che scrivi e nel tuo modo di fare musica?

Si può parlare di un nuovo inizio soprattutto dal punto di vista del sound. Avevo bisogno di maggiore dinamismo nelle mie canzoni, rispetto al disco precedente, a cui voglio bene ma che forse a tratti si presenta acerbo e in alcuni momenti manca di “tiro”. Voglio sperimentare di più, mi sento più coraggioso e senza la paura di “esagerare”. Anche i testi, rispetto a SDUO, hanno subito un’evoluzione e parlano meno di me, più di noi. Ne sentirete delle belle

Che cosa rappresenta l’uomo col cappello nella cover del singolo? Da dove deriva l’immaginario

Non volevo ispirarmi a qualche artista o autore in particolare, la classica maschera mi sembrava una soluzione già vista. L’uomo dal volto coperto sta a significare due cose: la prima è che, nella società dell’apparenza, non sento alcuna esigenza di mostrare al pubblico la mia faccia, nonostante l’algoritmo ci inviti a farla vedere il più possibile; la seconda è che, come dicevo prima, non voglio più essere io il soggetto delle canzoni, ma – come dice anche il titolo del brano – questa razza così avida e irresponsabile.

Sei allo stesso tempo un cantautore e un professore. Che cosa lega secondo te la musica con la filosofia?


Sono entrambe dei ganci per colpire dritti al cuore del problema, per arrivare non solo al nucleo delle cose, ma anche al nucleo dell’ascoltatore. Non sono un accademico e mi piace sottolineare il valore “liberatorio” della filosofia, che non deve rinchiudersi tra pochi aristocratici del pensiero, ma deve far smuovere tutti coloro che non pensano. La musica allora, sua degna compagna, deve far sentire chi non sente. 

Descrivi la tua musica come un mix di cantautorato, elettronica e vena punk. Qual è un album o un progetto che consiglieresti per ogni genere?


Bravi, mi avete messo in crisi! Tra le mille influenze, vado su quei dischi che so a memoria perché sono stati assorbiti fino alle viscere, sperando arrivino anche ai lettori. Cantautorato: Franco Battiato – Il vuoto. Elettronica: French 79 – Olympic. Punk: Sunny Day Real Estate – Diaries.

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