“L’arte di mangiar selvatico“: ne parliamo con gli autori Andrea Papini e Valentina Baronti
In libreria per Sarnus “L’arte di mangiar selvatico” l’uso delle erbe spontanee nella tradizione popolare, una bella pubblicazione curata da Andrea Papini e Valentina Baronti.
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L’intervista
In questi ultimi tempi c’è un ritorno alla cucina semplice, tradizionale, “povera”, un ritrovato interesse verso quello che ci sta vicino. Come mai secondo voi?
Stiamo vivendo un momento storico segnato dalle emergenze e da un sentimento diffuso di precarietà. Crediamo che questi elementi abbiano portato sempre più persone a riscoprire il bisogno di una vita più naturale. Quella che era nata come una moda, con tanto di termine anglofono “foraging”, diventa sempre di più una vera e propria esigenza: riscoprirsi capaci di procacciarsi il cibo. Il motivo principale che ha guidato il nostro impegno non da oggi, rientra nel tentativo di impedire la completa cancellazione della cultura contadina. Proprio uno degli elementi che la caratterizzano è il rapporto equilibrato col mondo naturale. Qui si collocava la abitudine a consumare ciò che questo mondo forniva per l’alimentazione e la salute. È da qui che siamo partiti per misurarci con quello che l’attualità ci stava presentando.
Quando nasce questo libro? Quali sono state le vostre fonti?
Questo è nato a tavola, durante uno dei nostri tanti pranzi comuni per assaggiare nuove ricette o nuove erbe che avevamo trovato. Ricorreva il centenario della nascita di Pellegrino Artusi e ci siamo resi conto che mancava una pubblicazione complessiva della tradizione culinaria italiana su questo tema. Così, abbiamo pensato di scrivere “L’Artusi delle erbe selvatiche”.
Le fonti sono i testi sui quali ci siamo formati negli anni, i racconti degli anziani che abbiamo conosciuto, la ricca editoria locale pubblicata da enti e parchi naturali, blog di esperti e appassionati e poi anche testimonianze dirette, raccolte tramite i gruppi social dedicati alla raccolta di erbe selvatiche.
Come avete messo insieme i materiali e le ricette?
Con tanto tempo e pazienza. Abbiamo passato almeno un anno a raccogliere i materiali, catalogarli, valutare quali erbe rappresentare in foto e quali invece riportare con il disegno botanico, avendo cura di fornire un quadro completo, con spunti di ogni regione italiana. Poi ci siamo dedicati alla parte più piacevole: abbiamo provato le ricette!
Quale, se c’è, la cosa che vi ha stupito maggiormente?
La grande competenza che c’è ancora oggi su questi temi e l’interesse anche dei giovanissimi ad approfondirli. Segno che l’industria del cibo non ha cambiato completamente le coscienze e che c’è ancora modo non solo di riscoprire la tradizione, ma anche di rinnovarla e adattarla al mondo che cambia. “L’arte di mangiar selvatico” è uno spunto di riflessione, un punto di partenza. È un libro tradizionale ma non tradizionalista.
Intervista di: Elena Torre